Sala del Refettorio, Palazzo San Macuto in via del Seminario a Roma. Molti capelli bianchi e parecchi giovani. La commemorazione di Ugo Intini poteva essere solo un tuffo nel passato invece apre degli squarci di luce su una possibile politica del futuro. Magicamente parlano i suoi libri perché lui non può più farlo: il 12 febbraio è morto a 82 anni per una terribile malattia.
Pomeriggio di martedì 16 aprile. La commozione è forte nella Sala del Refettorio, sede di convegni presso Montecitorio. Il salone è pieno di socialisti e di amici. Il titolo della discussione è: Il rigore della coerenza, Ugo Intini, una vita per il socialismo. Per prima parla Anna Ascani. La giovane vicepresidente della Camera tratteggia la figura di Intini: esponente storico del Psi, più volte deputato, giornalista, scrittore. Lo indica come un innovatore e un anticipatore ricordando alcuni suoi libri.
C’è il passato. È presente quasi tutto il gruppo dirigente superstite del Psi di Bettino Craxi: Giuliano Amato, Gennaro Acquaviva, Claudio Martelli, Claudio Signorile, Valdo Spini. C’è il presente: il segretario del Psi Enzo Maraio, Bobo Craxi, la direttrice dell’Avanti! della domenica Giada Fazzalari, Andrea Orlando, deputato del Pd, già Pci-Pds-Ds.
Sul palco e nella Sala del Refettorio c’è il mosaico della frammentazione del Psi di Craxi dopo il crack causato da Tangentopoli e c’è quello che resta della gloriosa storia del socialismo italiano. Carlo Intini, figlio di Ugo, anche lui giornalista, ripete con voce tesa ciò che ha detto ai funerali: «Mio padre ebbe due famiglie, la nostra e il partito. Forse dedicò più tempo al partito che a noi».
In realtà Intini ebbe tre famiglie perché va aggiunto anche l’Avanti!. Per il quotidiano del Psi ebbe una passione sconfinata: comincia a scrivere da ragazzo sul giornale del quale poi diventa infaticabile direttore. La sua penna è una delle fucine del “nuovo corso” del Psi di Craxi: le battaglie per salvare la vita di Aldo Moro rapito dalle Br; la lotta per battere l’inflazione con la predeterminazione degli scatti della scala mobile, la mobilitazione per la “grande riforma” delle istituzioni italiane; l’impegno contro la dittatura fascista spagnola, portoghese, cilena; il sostegno ai dissidenti sovietici. E ancora: le battaglie per la libertà, per l’uguaglianza, la pace e la convivenza pacifica, per l’autodeterminazione dei popoli, per l’unità europea e per l’alleanza con gli Stati Uniti ma senza subalternità verso Washington.
Ugo fu un politico e un giornalista coraggioso e innovatore. Polemizzò duramente ma sempre con rispetto verso il Pci, con cui dalla scissione di Livorno del 1921era aperta la sfida per l’egemonia a sinistra. Restò socialista dopo il disfacimento del Psi di Craxi nel terribile biennio 1992-1994. Lottò contro la criminalizzazione della storia socialista e rimase senza titubanze nel campo della sinistra. Fu un raffinato intellettuale, vide con anticipo l’arrivo del populismo che maturava nel caos politico degli anni Novanta. Carlo e Amato citano soprattutto due dei molti libri di Intini: 1) “La privatizzazione della politica” (sostituita dai grandi gruppi economici internazionali sotto le bandiere del liberismo spinto trainato dalla globalizzazione); 2) “Lotta di classi” (la lotta tra la classe operaia e borghese sostituita da quella tra una popolazione predominante di vecchi e una in ritirata di giovani per l’inverno demografico).
In un mondo sempre più devastato dalle guerre e dall’ingiustizia sociale per Intini la bussola da seguire è quella classica del socialismo di Turati e di Nenni: libertà, dialogo, inclusione sociale, uguaglianza, difesa dei lavoratori.
Adesso il pericolo non è più il fascismo ma un populismo autoritario che ruba gli elettori alla sinistra agitando le antiche paure: la povertà, la precarietà, la guerra, il crimine, l’invasione degli immigrati. La sinistra, anzi, le tante sinistre divise con identità diverse e confuse non riescono a dare una risposta: in molti casi copiano le ricette liberali e di destra, così perdono di credibilità e le elezioni.
Maraio si dichiara un allievo di Intini. Giada Fazzalari lo cita, indica la necessità continuare a realizzare la “staffetta generazionale” per far proseguire il progresso sociale e difendere le conquiste dello stato sociale. Andrea Orlando, suo estimatore e antagonista di quando era comunista, gli riconosce il merito della visione di un innovatore. Spini gli riconosce il contribuito dato alle battaglie autonomiste di Craxi e alle riforme volute dal Psi per modernizzare e democratizzare la società italiana. Martelli lascia la Sala del Refettorio, non interviene: «Devo andare via».
Signorile, capo negli anni Settanta e Ottanta della «corrente lombardiana, più che della sinistra del partito», indica la “potenza” del binomio autonomia-alternativa, la vera forza dirompente del Psi di Craxi. Tutto finì, sostiene, «nel 1987, quando si concluse il governo a guida socialista e Craxi commise l’errore di non guardare al nuovo ma di puntare ancora sull’antico, sul rapporto con la Dc».
Un errore fatale, dicono tutti, è stata l’opposizione al referendum del 1991 contro le preferenze elettorali proposto da Mario Segni. Bobo Craxi concorda: «Sì, fu un errore. Nel partito ci fu una grande discussione, c’era una grande differenza di opinioni. Ma poi prevalse l’invito agli elettori ad andare al mare, a disertare il referendum anche perché c’era un sondaggio sbagliato sulle intenzioni degli italiani».
Chissà se qualcuno saprà raccogliere l’eredità politica di Ugo. Per lui mai come oggi c’è bisogno di socialismo in Italia e nel mondo. Basterebbe leggere i suoi articoli e i suoi libri con la capacità politica di realizzare obiettivi e programmi. Non è una cosa per niente semplice.