La Torre Garisenda e la Torre degli Asinelli sono due antichi e grandi simboli di Bologna. La Garisenda, la più piccola delle due torri, pende sempre di più: rischia di crollare. Dalla fine del 2023 sono scattati l’allarme e la mobilitazione per realizzare i lavori di consolidamento e salvare la Garisenda. Ce ne parla Maria Luisa Berti.
Sotto la Torre Garisenda stazionavano contadini, arrotini, venditori di castagne e di merci di ogni tipo, clienti che contrattavano sui prezzi creando strepiti e schiamazzi che turbavano la sacralità della vicina Chiesa della Madonna delle Grazie. Nel 1658, infatti, il cardinale legato Girolamo Farnese proibì lo stazionamento davanti alla Torre Garisenda di alcuni “maronari” che friggevano e cucinavano diverse vivande, spargendo puzze e fumo. Con la soppressione delle Corporazioni nel periodo napoleonico, la Garisenda divenne proprietà della famiglia Ranuzzi, poi dei Malvezzi Campeggi che la vendettero nel 1904 al barone Raimondo Franchetti, questi poi la donò al Comune di Bologna con l’impegno di curarne la manutenzione.
Già nel corso del Cinquecento non mancavano le polemiche sulla pendenza della torre, sempre bisognosa di controlli e di soldi da spendere per gli interventi di consolidamento. L’interesse scientifico per la pendenza della Torre comincia dal Settecento ma solo dai primi del Novecento l’interesse si trasforma in preoccupazione tanto che viene istituito il primo incarico per studiare lo stato della Garisenda, incarico che fu dato a Francesco Cavani, professore della Scuola degli Ingegneri. Egli rilevò che la torre sul momento non dava preoccupazioni, ma avrebbe potuto subire gravi danni in caso di nuove costruzioni. Dopo di allora sono stati fatti vari studi, rilevamenti, restauri e sono stati organizzati comitati scientifici in collaborazione con l’Università e con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Ma la situazione è andata sempre più deteriorandosi.
Dopo il terremoto del 2019, durante il mandato del sindaco Virginio Merola, era stato organizzato un Comitato tecnico scientifico per verificare lo stato della Garisenda, ma la loro relazione o i loro appunti pare non siano mai arrivati in giunta e il nuovo sindaco, Matteo Lepore, non ne era a conoscenza fino all’ottobre 2023. L’ultima relazione tecnica del nuovo Comitato tecnico scientifico, consegnata a Lepore, ha suscitato polemiche e scontri tra il Partito Democratico e le opposizioni, in particolare tra Borsari, l’assessore ai Lavori Pubblici, e Lucia Bergonzoni della Lega che rimprovera il Comune per la sua inerzia. Anche Fratelli d’Italia ha esposto una denuncia alla magistratura in merito alle mancanze dell’amministrazione comunale. Mancanze davvero imperdonabili vista la situazione di effettivo pericolo di crollo della Garisenda.
Attualmente sono in corso i lavori per la costruzione della struttura di contenimento della Torre, in Piazza di Porta Ravegnana, lavori che interessano la viabilità pubblica con disagi per i cittadini e che si protrarranno negli anni con alti costi: si parla di almeno venti milioni di euro.
È già cominciata la raccolta fondi, presentata dal sindaco Lepore insieme a Gianni Morandi e a Cesare Cremonini. «Bologna è la città dell’accoglienza e noi due che giriamo l’Italia e il mondo lo sappiamo bene perché la gente lo pensa davvero. Questa torre, che non cadrà certo domani ma che ha bisogno di aiuto, bisogna cominciare a curarla. Chiunque doni quello che può». Queste le parole di Gianni Morandi, che già pensa ad un concerto insieme a Cesare Cremonini proprio a beneficio del restauro della Garisenda.
E tra i tanti personaggi famosi, artisti, letterati, poeti che hanno qui trovato accoglienza nel corso dei secoli c’è anche il sommo poeta. Dante Alighieri a Bologna tra l’estate del 1286 e quella del 1287 paragonò la Garisenda al gigante Anteo in atto di chinarsi verso di lui per farlo scendere nell’abisso della Caina. «Qual pare a riguardar la Garisenda/sotto il chinato quando un nuvol vada/sovr’essa sì ch’ella in contrario penda,/tal parve Anteo a me, che stava a bada/di vederlo chinare…» (Inferno, canto XXXI).
Secondo articolo – Fine