Uno dei grandi problemi del XXI secolo è l’inquinamento. Tutto il mondo è in ginocchio a causa delle gravi conseguenze che questo fenomeno sta apportando nella quotidianità. Nel corso degli anni il cambiamento climatico ha raggiunto un posto d’onore nella comunità scientifica che sta cercando di comprendere sia le cause che i possibili rimedi legati a questa questione che sembra non ammettere un punto di ritorno. Una cosa è certa: ciò che è possibile fare per rimediare ai disastri già commessi, è promuovere campagne di sensibilizzazione.
Il fatto che il messaggio venga trasmesso a più persone possibili, ci rende consapevoli dell’entità dell’avvenimento. In questo contesto, il professor Antonello Pasini, primo ricercatore del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e docente di fisica del clima presso l’Università Roma Tre, ha risposto ad alcune domande poste dai ragazzi del Liceo Scientifico Giuseppe Peano di Monterotondo.
Il riscaldamento globale non ha una nascita in quanto è un fenomeno che esiste da sempre ed è fondamentale per la vita terrestre: il nostro pianeta risponde ai raggi solari in parte riflettendoli sulle superfici bianche e in parte emettendo un’energia sulla banda dell’infrarosso. Nell’atmosfera, a causa della presenza di alcuni gas (come l’anidride carbonica o il metano), l’energia rimane “intrappolata” originando il famoso fenomeno dell’effetto-serra.
Tuttavia questo equilibrio armonico dell’universo è stato corrotto dall’uomo che dalla rivoluzione industriale ha iniziato a “sbilanciare questo bilancio”, portando ad un’intensificazione dell’effetto serra naturale. Ad oggi, attraverso i media, chiunque è consapevole dei danni irreparabili che le fabbriche, le automobili e l’abbattimento degli alberi hanno prodotto, ma nel passato quali erano i fattori delle alterazioni meteo-climatiche estreme?
Il professore spiega che sono dipese da cause naturali, infatti si è studiato che quasi ogni 100.000 anni vi era un periodo di glaciazione alternato poi da un periodo caldo. Ciò era dovuto dalle variazioni orbitali della Terra e dai moti che questa percorre, i quali hanno generato degli influssi naturali che hanno portato una diversa distribuzione di energia sul Pianeta, generando così i cambiamenti che si conoscono. A differenza di oggi, quei processi erano molto lenti e dunque gli ecosistemi avevano il tempo di potersi adattare, cosa che adesso non avviene più.
Per quanto riguarda il futuro, gli scienziati sono in grado di prevedere alcuni cambiamenti climatici usando la statistica ossia la media sommata alla variabilità degli eventi. Dunque il risultato non sarà univoco ma sarà un ventaglio di “scenari” possibili che vanno dal peggiore, chiamato “business as usual” in cui si ipotizza il completo disinteresse alla riduzione di gas serra, al migliore in cui si tende a mantenere la temperatura al massimo di 1,5°C in più rispetto all’età pre-industriale.
Questo avviene perché non si conosce il futuro con certezza, ma soprattutto perché dipende da numerosi fattori come quelli sociologici, culturali, scientifici, politici ed economici. Una delle domande più sentite dai ragazzi è stata: «Abbiamo visto che questi cambiamenti climatici portano gravi danni anche all’uomo, dunque quanto tempo abbiamo prima che il danno sia catastrofico?». Pasini risponde: «È difficile stimare quanto tempo abbiamo ma sicuramente qualche decennio, poiché bisogna sapere che l’anidride carbonica si accumula nel tempo. Non basta solo diminuirla ma proprio bloccarla».
La comunità scientifica vede come unico obiettivo quello di avere emissioni di carbonio nette zero entro il 2050. Nette perché esistono alcuni settori difficilmente decarbonizzabili. Dunque per ovviare a ciò bisogna assorbire di più, promuovendo per esempio maggiori forestazioni. In conclusione questa “malattia” deve essere curata da tutti nel proprio piccolo ma deve partire da chi ha il potere. Rispetto a ciò il ricercatore ha detto: «Il vero consiglio è quello di guardare oltre il proprio naso, di avere una visione da statista verso la crisi di lungo periodo. Noi scienziati e voi giovani dobbiamo avere un’idea di risoluzione dei problemi in lontananza. Collaboriamo per far capire queste cose alla nostra classe politica».