Botte, pugni, spintoni. Trascinato su un’auto e ucciso, forse a pugnalate. Il delitto Matteotti gira la boa dei 100 anni. L’affare Sinclair, il bilancio falso dello Stato, i brogli elettorali nelle elezioni politiche dell’aprile del 1924. Ancora oggi, incredibilmente, sono ancora tanti i misteri sui diversi motivi dell’omicidio di Giacomo Matteotti. Dominano ancora le mezze verità e i buchi neri.
A cento anni dal 10 giugno del 1924, il giorno del rapimento e dell’uccisione, ancora restano tanti interrogativi sul feroce delitto. Un fatto è sicuro: è sequestrato e ucciso da una squadraccia fascista a Roma. Benito Mussolini è furente contro il deputato socialista, segretario del Partito socialista unitario per il discorso tenuto all’assemblea della Camera il 30 maggio 1924: per lui sono inaccettabili sia le sue accuse al fascismo di brogli elettorali sia la sua richiesta di annullare le elezioni politiche. Il 3 gennaio 1925 il duce, in un celebre intervento alla Camera, assume su di sé dopo mesi di incertezze, tutte le responsabilità politiche delle camicie nere, quindi anche il delitto Matteotti.
Ma c’è dell’altro. Giulio Scarrone in “Perché fu ucciso Matteotti?” indica «un tragico “triangolo della morte” nell’assassinio di Giacomo Matteotti». Nel libro scritto nel lontano 1988 assieme a Francesco Colucci, Editore Colombo, indica anche «la corruzione di uomini legati a Mussolini nell’affare Sinclair» (tangenti della società petrolifera americana) e il falso bilancio dello Stato steso dal governo fascista (ufficialmente è stabilito il pareggio).
L’ex capo del servizio politico dell’Avanti! consulta l’Archivio storico della Camera e pubblica nel libro di oltre 30 anni fa una interessante documentazione. In particolare cita «il carteggio intercorso tra l’Ambasciata americana a Roma e il Dipartimento di Stato sull’affare Sinclair». Sul falso bilancio dello Stato cita invece «il discorso alla Giunta del bilancio» di Montecitorio del 5 giugno svolto dal deputato socialista.
Scarrone si interroga sul mistero della borsa di Matteotti. Il giorno del rapimento porta con sé la borsa con tutti gli scottanti documenti, avrebbe dovuto utilizzarli per un altro intervento nell’aula di Montecitorio. Ma la borsa con i documenti scompare, come dice Scarrone in una intervista a Radio Radicale. Non verrà mai ritrovata.
Matteotti l’11 giugno 1924, documenti alla mano, avrebbe dovuto parlare a Montecitorio proprio per denunciare lo scandalo del caso Sinclair e del falso bilancio dello Stato ma è eliminato il 10 giugno, il giorno precedente. Giulio Scarrone è un anticipatore: la tesi sul movente delle tangenti della società petrolifera statunitense proprio in questi giorni è rilanciata da Matteotti. Cento anni fa il delitto fascista a Roma, un libro pubblicato da la Repubblica. Il volume con i saggi di Mauro Canali e Stefano Caretti sul delitto Matteotti contiene ulteriori fatti sui fondi pagati dalla Sinclair alla cerchia di Benito Mussolini.
Canali è convinto che «il vero motivo dell’uccisione di Matteotti sono i soldi della Sinclair». La denuncia dei brogli elettorali preoccupa il duce ma non più di tanto perché, sostiene Canali in un dibattito alla Fondazione Matteotti, la legge elettorale maggioritaria Acerbo gli assegna i due terzi dei parlamentari e può governare con tranquillità. Ma l’autore della rivoluzione fascista teme invece gli effetti devastanti sulla sua immagine dell’«emersione della corruzione in un altro discorso alla Camera» da parte del segretario del Partito socialista unitario.
Sono tanti i misteri e i buchi neri anche nel giorno di commemorazione alla Camera del sequestro e dell’assassinio. Finalmente tutti a sinistra e a destra, compresa Giorgia Meloni, parlano di un omicidio fascista. Non è così scontato, ancora oggi in Italia esistono resistenze e paure nell’attribuire al fascismo l’omicidio. Matteotti è definito un antifascista, un coraggioso combattente contro la dittatura, uno dei pilastri della democrazia italiana ma scompare la sua identità politica: scompare la parola socialista. Anche l’informazione fa lo stesso. I giornali, tranne qualche eccezione, non dicono che era un deputato socialista, segretario del Partito socialista unitario, discepolo del riformista Filippo Turati. La caduta spiega molte cose: in particolare la perdita di credibilità della politica e dell’informazione.