I portici di Bologna sono una delle sue meraviglie medioevali. I portici si sviluppano lungo tutta la città per oltre 60 chilometri: riparano dalla pioggia, aiutano la socialità, la mobilità, le attività commerciali ed artigianali. Bologna vanta il portico più lungo del mondo: quasi 4 chilometri per collegare la città al Santuario delle Madonna di San Luca. Maria Luisa Berti ci illustra come e perché nacquero i portici.
Un bando comunale del 1288 imponeva che tutte le case di Bologna fossero munite di un portico la cui manutenzione spettava ai privati mentre al Comune era riservato l’uso del suolo pubblico. Successivamente sia le case sia i portici di Bologna furono costruiti in mattoni o in pietra.
Un evento straordinario era stata la costruzione della prima casa in mattoni eretta nel 1121 da Bardino Sorgi. Il primo portico, costruito ex novo con pilastri in muratura, è quello del Palatium vetus iuridicum, ora Palazzo del Podestà, edificato nel 1201. Un bando del 1568 del Legato Pontificio Giovanni Battista Doria e del Gonfaloniere di Giustizia, Camillo Paleotti, impose di sostituire le stilate in legno degli antichi portici con colonne in laterizio o pietra. Alcuni degli antichi portici in legno sono ancora visibili nella casa dell’ex orfanotrofio di San Leonardo in via Begatto 19, nella Casa Azzoguidi, in via San Nicolò 2, nella Casa Isolani in Strada Maggiore 19, nel Palazzo Grassi in via Marsala 12 e nella Casa Ghisilieri al n.17 di Via Marsala.
Tra le case medioevali porticate salvate nell’arco di secoli c’è la Casa Isolani in Strada Maggiore n.19, che risale al XIII secolo, poi restaurata da Raffaele Faccioli nel 1877. Il portico, recentemente rinforzato con pilastri di mattoni, è sorretto da pilastri di legno di quercia (detti stilate) alti 9 metri, che sostenevano il terzo piano. Si entrava attraverso una grande porta ogivale. Al primo piano spiccano le finestre a bifora dell’abitazione degli Isolani, antica famiglia senatoriale e conti di Minerbio. I servi abitavano negli appartamenti dell’ultimo piano, ricavati con l’aggiunta di sporti e beccatelli sopra l’architrave del portico.
Una galleria (Corte Isolani) attraverso corti interne collega Casa Isolani su Strada Maggiore a Palazzo Isolani su piazza S. Stefano.
Sotto il tetto del portico sono infisse tre frecce su cui si narrano varie storie, tra cui quella di una nobildonna accusata di adulterio dal marito. Questi per riparare il torto avrebbe assoldato tre arcieri per ucciderla. La donna, quando li vide arrivare, si denudò e, alla vista di quel bel corpo nudo, i tre persero la testa e mancarono il bersaglio: le tre frecce sarebbero finite così sotto il tetto del portico. Un’altra leggenda più recente racconta di uno scherzo tra studenti a Raffaele Faccioli che nel 1877 si era occupato del restauro di Casa Isolani. Volevano rovinare il lavoro da lui compiuto. Qualunque sia la storia delle tre frecce, il portico di Palazzo Isolani resta uno dei luoghi più caratteristici di Bologna.
Il porticato più lungo del centro storico si snoda da Piazza Galvani davanti all’Archiginnasio, al Museo Civico Archeologico fino al Palazzo dei Banchi in Piazza Maggiore: il Pavaglione. Il nome è collegato al mercato dei bozzoli da seta che, fino dal 1449, si teneva dietro l’abside della Chiesa di San Petronio (l’attuale Piazza Galvani). Secondo alcuni il nome deriva dal latino papilio che significa farfalla, la crisalide del bozzolo, mentre per altri deriva da padiglione, che era la grande tenda a copertura del mercato. I bolognesi in dialetto lo chiamano pavajan, collegabile con il pavillon francese che appunto significa padiglione. La lunga fila di portici, sostenuta da alte e leggere colonne, con archi a tutto tondo e volte a crociera, è sempre stata occasione di passeggi e di incontri: lo struscio dei bolognesi.
Qui c’era la Libreria Zanichelli, il cervello della città, che in passato attirava personaggi illustri, tra cui il più assiduo era Giosuè Carducci. Questi poi si radunavano ai tavolini del Caffè del Pavaglione, tuttora esistente. I portici davanti al Museo Civico Archeologico e all’Archiginnasio furono aggiunti da Antonio Morandi, il Terribilia, nel Cinquecento.
A destra del Pavaglione, procedendo sotto i portici di Via Rizzoli verso le Due Torri si arriva in Strada Maggiore, una via porticata, che segue il tracciato del decumano, corrispondente all’antica Via Emilia. Come Strata Maior era già nota nel 1162. Si dice che qui sia passata la storia di Bologna. La Via Emilia, infatti, era il percorso preferito di pellegrini e personaggi importanti. Questi entravano da Porta Maggiore e percorrevano la via fino al centro della città, con i loro cortei e facendo sfoggio della loro ricchezza e del loro potere. La magnificenza di allora traspare ancora in questa via, nelle chiese (dei Santi Bartolomeo e Gaetano, di Santa Maria dei Servi…), nei palazzi (Isolani, Davia Bargellini, Angelelli, Ercolani, Rossini…) e nei portici.
Il più elegante è il portico della Chiesa di Santa Maria dei Servi, che si trova all’incrocio tra Strada Maggiore e Via Guerrazzi. Nella chiesa sono custoditi, tra gli altri dipinti, La Madonna degli Angeli di Cimabue, il Padreterno del Guercino, la Presentazione della Vergine al Tempio di Alessandro Tiarini e un crocefisso del Giambologna. La costruzione della Chiesa iniziò nel 1346, poi fu ingrandita nel 1383 per iniziativa del padre Andrea Manfredi da Faenza che fece edificare anche il portico a fianco dell’edificio ecclesiastico nel 1392. Fu costruito un lungo muretto su cui innalzare le colonne di marmo e le volte.
Un secolo dopo il priore Antonio Alabante fece innalzare altre tre arcate per prolungare il porticato verso Via Guerrazzi. Tra il 1515 e il 1521 fu eretto il portico davanti alla facciata della chiesa, la cui costruzione fu ultimata nel 1545. Lungo Strada Maggiore, sotto il portico, nel Seicento, venti lunette furono affrescate con episodi della vita di San Filippo Benizzi, fondatore dei Serviti.
Secondo articolo – Segue