L’impensabile accade. C’è un francobollo dedicato a Italo Foschi, fascista d’hoc, mentre l’Italia democratica e antifascista commemora l’omicidio Matteotti. Le Poste Italiane, azienda pubblica, danno il disco verde al francobollo per Foschi. Via libera anche dal ministero delle Imprese e del Made in Italy.
La decisione ha radici calcistiche. Foschi fonda ed è il primo presidente nel 1927 dell’Associazione Sportiva Roma calcio. Nessuna censura per il terribile dato politico: Foschi è in stretto contatto con Benito Mussolini. È lesto di mano, è un veloce esecutore di ogni spedizione punitiva contro tutti gli avversari del duce.
Un coro di proteste si leva dalle opposizioni contro “l’emissione nera”. In particolare protestano il Psi, l’Avantionline e l’Avanti! della domenica. Livio Valvano e Giada Fazzalari, direttori dei due giornali socialisti, denunciano «un fatto vergognoso e gravissimo». Chiedono «il ritiro del francobollo della vergogna». Oltretutto Foschi non è un gerarca qualsiasi: è un irriducibile. È un violento squadrista romano, loda e considera un eroe Amerigo Dumìni, il capo della squadraccia nera che sequestra e uccide Giacomo Matteotti il 10 giugno 1924. Emilio Lussu, in un libro, parla delle lugubri gesta di Dumìni. Si presenta con questo tragico, sanguinario biglietto da visita: «Dumìni, nove omicidi».
Foschi è nominato prefetto. Dopo l’8 settembre 1943 resta fedele a Benito Mussolini, diventa prefetto di Belluno durante la Repubblica Sociale Italiana, è corresponsabile della deportazione nazifascista degli ebrei veneti nei campi di sterminio.
L’Italia, a cento anni dal delitto, commemora Matteotti. Il deputato socialista, segretario del Partito socialista unitario, paga con la vita il suo coraggioso discorso alla Camera con il quale denuncia i brogli elettorali fascisti nelle elezioni politiche dell’aprile 1924 e ne chiede l’annullamento. Ma tra i motivi dell’assassinio c’è anche l’obiettivo di non fargli denunciare, come dicono molti libri, le tangenti della società petrolifera americana Sinclair verso la cerchia del duce.
Matteotti, fiero avversario di Mussolini, è tra i protagonisti della democrazia italiana. La stessa Giorgia Meloni ne onora la memoria a cento anni dal suo omicidio. La presidente del Consiglio lo definisce «un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee». Certo c’è una terribile contraddizione, una singolare ambiguità. Il governo di destra-centro esalta la figura di Matteotti e le Poste Italiane dedicano un francobollo a Foschi, tifoso di Dumìni, il carnefice del deputato socialista. Nostalgie per il Ventennio emergono con frequenza da quando Giorgia Meloni ha vinto le elezioni politiche nel 2022 facendo di Fratelli d’Italia, partito post fascista, il baricentro del governo da lei guidato. Saluti romani, inni al duce e alla Decima Mas irrompono in diverse occasioni, perfino alla Camera. Sono atti che non fanno bene alla democrazia, all’unità e alla pacificazione nazionale per la quale si batte la stessa Meloni, timoniera dello svolta verso una destra democratica.
Ormai c’è la posta elettronica ma speriamo di non vedere mai una lettera spedita con una “affrancatura nera”, un francobollo con l’immagine di Foschi.