Alle 4 di notte del 17 giugno 1983 Enzo Claudio Marcello Tortora si vede notificato nella camera dell’hotel dove alloggia quando è a Roma un ordine di cattura spiccato dalla procura di Napoli per traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico, nella fattispecie, compare della Camorra di Raffaele Cutolo.
È noto a tutti il calvario patito da Enzo, prima di vedersi riconosciuta la totale estraneità ai fatti che gli venivano contestati sulla unica base di false dichiarazioni di falsi collaboratori di giustizia. Ora ci sono strade e piazze, targhe che ricordano Tortora. Quasi sempre: giornalista, uomo di televisione. Qualche volta: politico. Tortora è stato giornalista, grande personaggio televisivo; dopo la tremenda esperienza giudiziaria è stato politico, con il Partito Radicale, ma questo si tende a dimenticarlo. Diceva spesso: «Ero liberale perché ho studiato. Sono radicale perché ho capito».
Un tempo ai giudici della Repubblica veneta che si accingevano a emettere una sentenza si diceva: «Ricordatevi del povero Fornaretto». Si riferivano al povero panettiere Piero Fasiol, che nel 1507 era stato falsamente accusato di un delitto e condannato a morte. Dopo averlo ucciso scoprono che non è lui l’assassino.
Nelle aule di giustizia italiane, ai giudici che emettono una sentenza, andrebbe detto ogni volta: ricordatevi di Enzo Tortora.
Assodato che Tortora era assolutamente innocente. Assodato che l’intera operazione, denominata “venerdì nero” della camorra è stata una delle pagine giudiziarie più sgangherate e vergognose della nostra storia recente, con decine di arrestati per omonimia, e alla fine dei processi una quantità di assolti per non aver commesso il fatto. La madre di tutte le domande è: perché è accaduto quello che è accaduto? Come è stato possibile? Per cercare di capire c’è bisogno di inquadrare l’operazione “settembre nero della camorra” in un contesto più vasto. Un contesto che riporta a uno dei periodi più oscuri e melmosi dell’Italia di questi anni: il rapimento dell’assessore all’urbanistica della Regione Campania Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse di Giovanni Senzani e la conseguente “trattativa” tra apparati dello Stato, terroristi e camorra.
Per la vita di Cirillo si chiede un riscatto, svariati miliardi. Il denaro si trova, anche se durante la strada una parte si “perde”, trattenuta non si è mai ben capito da chi. Comunque si dice un riscatto di almeno cinque miliardi di vecchie lire. Da dove viene quel denaro? Raccolto da amici costruttori. Cosa non si fa, per amicizia! Soprattutto se poi c’è un “ritorno”.
Il “ritorno” si chiama ricostruzione post-terremoto. Affari colossali. La commissione parlamentare guidata da Oscar Luigi Scalfaro accerta che la torta è costituita da oltre 90mila miliardi di lire. Peccato: molti che forse potrebbero spiegare qualcosa non sono più in condizione di farlo, tutti morti ammazzati: Vincenzo Casillo luogotenente di Cutolo; Giovanna Matarazzo, compagna di Casillo; Salvatore Imperatrice, che ha un ruolo nella trattativa; Enrico Madonna, avvocato di Cutolo; Antonio Ammaturo, il poliziotto che aveva ricostruito il caso Cirillo in un dossier spedito al Viminale, mai più ritrovato.
Quali sono i fili che legano Tortora, Cirillo, la camorra e la ricostruzione post-terremoto? A legare questi “fili” non è un giornalista affetto da galoppante fantasia complottarda. È la denuncia, anni fa, del Procuratore capo di Vallo della Lucania, già componente della squadra della Direzione Antimafia di Salerno: «…Qualcuno aveva interesse a distrarre l’opinione pubblica dal caso Cirillo e concentrarla su altro caso eclatante…Ci fu, in quel periodo, una interessata gestione da parte di molte di quelle notizie, io vedo un forte legame, anche logico, con altri eventi successivi». Contro Tortora utilizzati “pentiti a orologeria”.
Per distogliere l’attenzione della pubblica opinione dal gran verminaio della ricostruzione del caso Cirillo e la spaventosa guerra di camorra che ogni giorno registra uno, due, tre morti ammazzati tra cutoliani e anti-cutoliani. Fino a quando non si decide che bisogna reagire, fare qualcosa, occorre dare un “segnale”. E si arriva al “Venerdì della camorra”. Si rivelerà essere il “Venerdì nero” della Giustizia.