I portici di Bologna sono una delle sue meraviglie medioevali. I portici si sviluppano lungo tutta la città per oltre 60 chilometri: riparano dalla pioggia, aiutano la socialità, la mobilità, le attività commerciali ed artigianali. Bologna vanta il portico più lungo del mondo: quasi 4 chilometri per collegare la città al Santuario delle Madonna di San Luca. Maria Luisa Berti ci illustra come e perché nacquero i portici.
Le famiglie nobili di Bologna di solito si facevano seppellire nelle chiese o nei conventi, finché non si decise di costruire un cimitero: la Certosa, fuori al centro storico di Bologna, vicino allo stadio, ai piedi del colle della Guardia e del Santuario di San Luca. In questa zona c’era una necropoli etrusca (VI -IV sec. A.C.), scoperta nel 1869 da Antonio Zanoni, ingegnere dell’Ufficio Tecnico del Comune, ed i cui numerosi reperti sono custoditi nel Museo Civico Archeologico di Bologna.
Agli inizi del Trecento il giureconsulto Giovanni d’Andrea donò ai frati certosini queste terre per la costruzione di un monastero e di una chiesa: la Certosa di San Girolamo. Il campanile della Chiesa fu costruito nel 1508, quando il monastero era al massimo della sua celebrità e della sua ricchezza. Ne sono tuttora testimonianza i dipinti della chiesa, che illustrano la vita di Cristo, opera di pittori bolognesi del XVII sec. Con l’arrivo delle truppe Napoleoniche la Certosa di San Gerolamo nel 1796 fu soppressa.
Ai primi dell’Ottocento si decise di costruire un unico cimitero per la città, utilizzando la zona della Certosa. Vennero perciò demolite le strutture del monastero ad eccezione dei chiostri e della Chiesa. Qui furono trasportati i monumenti funebri dai conventi e dalle chiese sparse in città. Statue, bassorilievi in marmo, dipinti a ricordo dei defunti di famiglie dei notabili e ricche cominciarono ad abbellire cortili e chiostri, secondo il gusto dell’arte neoclassica.
La certosa divenne meta turistica di scrittori e poeti, tra cui Chateubriand, Stendhal, Lord Byron, Dickens, Turghenev. Qui sono sepolti personaggi della storia, della letteratura e dell’arte bolognese come Marco Minghetti, Giosue Carducci, Riccardo Bacchelli, Ottorino Respighi. Tra i tanti chiostri il primo ad essere utilizzato come cimitero è il Chiostro Terzo, costruito nel XV secolo, dietro l’abside della chiesa, da cui si accedeva agli alloggi dei monaci. Qui furono erette le prime tombe monumentali, opere di artisti famosi come gli scultori De Maria e Putti, i pittori Fancelli e Basoli, gli architetti Marchesini, Venturoli e Gasperini. Il portico del chiostro, a pianta rettangolare, è sostenuto da esili colonne che poggiano su un muretto; i capitelli sono decorati con figure di animali, vasi, foglie varie, gli archi tra le colonne sono a tutto tondo e il soffitto presenta volte a crociera. I lunghi portici dei chiostri, delle logge, delle gallerie con le loro leggiadre colonne offrono al visitatore un’oasi di silenzio e di pace, protetta dal Santuario di San Luca.
Da Porta Saragozza, lungo la via omonima che sovrasta l’Arco del Meloncello (1732), attraverso il portico più lungo del mondo (3796 metri e 498 gradini), si sale fino al Santuario della Madonna di San Luca, meta di pellegrinaggi e molto venerata dai Bolognesi. Secondo la leggenda l’icona bizantina con il dipinto della Vergine, attribuito a San Luca, sarebbe stata portata al colle della Guardia da un pellegrino di Costantinopoli. Il vescovo di Bologna consegnò il dipinto a Beatrice e Azzolina Guenzi, che conducevano vita da eremite sul colle e che sistemarono l’immagine sacra nella piccola chiesa che qui si trovava. Visti i tanti pellegrini, nel 1194 cominciò la costruzione di una chiesa più grande.
Nel 1433 la continua pioggia minacciava i raccolti e una futura carestia, così Graziano Accarisi, membro del Consiglio degli Anziani, consigliò di portare il dipinto in processione lungo le vie della città e… miracolo! la pioggia cessò. Da allora è nata l’usanza, tuttora celebrata, della discesa della Madonna in processione per le vie del centro fino al Duomo di San Pietro. A quei tempi per salire al colle della Guardia esisteva solo un sentiero che nel Seicento fu selciato per i molti pellegrini che vi salivano. Si costruirono cinque cappelle votive lungo il percorso. Nel 1655 Camillo Saccenti ed Ercole Fichi, su incarico del Senato, presentarono il progetto per la costruzione di un portico accanto al sentiero, progetto che il Governo rifiutò perché troppo costoso.
I bolognesi pensarono a finanziamenti privati così nella primavera del 1674 fu posta la prima pietra. Il porticato in pianura fu terminato alla fine del Seicento, dopo 25 anni. Poi cominciò la costruzione del tratto a monte.
Il 17 ottobre 1677 popolani e garzoni dei filatoi da seta organizzarono una catena umana per portare mattoni e altro materiale lungo il colle, evento oggi celebrato con il passamano per San Luca. Per collegare il portico in pianura con quello a monte, fu costruito l’Arco del Meloncello (1721/1732) per opera del più famoso tra gli architetti che qui lavorarono: Carlo Francesco Dotti, nato a Como, uno dei “maestri comacini” che ci hanno lasciato tante mirabili costruzioni. L’arco, che sovrasta ancora la Via Saragozza, diede il via al rifacimento della Basilica. Questa grandiosa opera fu finanziata dai fedeli, dalle corporazioni delle arti e dalle nobili famiglie. Ma tutti i bolognesi contribuirono, perfino i servi dei nobili.
Grazie ad un progetto ideato da Cesare Cremonini dal 5 al 9 giugno, in occasione del Festival dei Portici, i portici di San Luca si illuminano dal tramonto all’alba.
Raccontare dei portici di Bologna significa ricordare fatti storici, detti popolari, leggende di una città che ha conosciuto periodi gloriosi, ricchezza e potere; guerre e lotte interne ma anche tanta forza di coesione dei suoi cittadini.
N.B.
Il testo fa riferimento a un articolo dell’autrice pubblicato nel quarto numero della rivista Arcipelago nel 2021.
Quarto articolo – Fine