Una vita pagata
4 euro l’ora

Esistono ancora delle tragedie umane, quelle che vedono protagonisti i nostri simili, che ancora riescono a scuotere quelle nostre coscienze ormai inaridite e avvezze al peggio del peggio, o magari distratte dall’ennesimo gossip di presunte star, starlette, uomini alfa, influencer e così via. E non parliamo di reazioni concrete, che sarebbe forse chiedere troppo, ma di semplice disgusto, ribrezzo, ripugnanza… schifo.

Satnam Singh, Un bracciante immigrato al lavoro nell'Agro Pontino

Un bracciante immigrato al lavoro nell’Agro Pontino

Un bracciante indiano perde un braccio e non viene soccorso, trasportato e abbandonato dal datore di lavoro davanti casa, il braccio gettato lì vicino, probabilmente il ritardo nei soccorsi ne decreta la morte. L’ennesima tragedia sul lavoro, qui però non c’è solo la fatalità o le mancate misure di sicurezza, qui ci sono tutta una serie di aggravanti, dal mancato soccorso al tentativo di addossare al lavoratore tutte le responsabilità dell’incidente: «Leggerezza dell’operaio che paghiamo tutti»!

 Segue il solito circo per qualche giorno: condanne della politica, convocazione dei sindacati, qualche manifestazione, ma nella sostanza non cambia nulla, tra qualche giorno i braccianti-schiavi saranno di nuovo nei campi, eppure il caporalato è fenomeno straconosciuto, ma è ancora lì con i suoi sfruttamenti e le paghe da fame. La Cgil parla di compensi agghiaccianti al di fuori del contratto di lavoro di appena 4-6 euro l’ora per i braccianti immigrati irregolari. I lavoratori senza permesso di soggiorno lavorano fino a 12/14 ore al giorno sotto il sole o la pioggia dell’Agro Pontino. Satnam Singh sarà solo un numero a riempire le statistiche sulle morti bianche, già ben oltre 500 da inizio anno.

Braccianti immigrati nell’Agro Pontino

Ma l’indifferenza investe altri settori: le tragedie del mare, i cadaveri degli immigrati riempiono i nostri mari, uomini, donne, bambini, tantissimi provenienti da quelle terre dove le nazioni più sviluppate intendevano “esportare” la democrazia, lasciando invece, fame, miseria, sfruttamento e sottosviluppo, provengono dalle zone di guerra dove le dittature contro le quali ci si riempie la bocca, compiono massacri quotidiani, anche qui quegli uomini, quelle donne, molte incinte, e quei bambini innocenti che dovremmo proteggere, divengono numeri e statistiche da confrontare anno su anno affinché qualcuno possa gridare: “abbiamo bloccato l’immigrazione!”. Sono già oltre 800 quest’anno i morti tra le onde. Matteo Maria Zuppi, cardinale presidente della Conferenza Episcopale italiana: «Non si può morire di speranza!».

Le brutte notizie sono tante. Oltre 900 fedeli sarebbero morti per il caldo estremo nel pellegrinaggio a La Mecca, la città santa islamica in Arabia Saudita.

Una barca carica di migranti

E poi ci sono i femminicidi quotidiani, gli accoltellamenti, le risse, le sparatorie e le guerre quelle che conquistano le prime pagine e quelle dimenticate, ma anche lì si muore ogni giorno. Russia/Ucraina, Tel Aviv/Gaza, Libano, Yemen, Etiopia, Nigeria etc… Nulla ci sorprende, niente ci indigna, forniamo armi, distribuiamo miliardi, protestiamo con belle parole, invochiamo la pace, facciamo il tifo per la vittoria di qualcuno… e qui il discorso sarebbe troppo lungo e ci porterebbe fuori strada.

Qui non si tratta dei due pesi e delle due misure, qui si tratta di capire quello che avviene all’uomo, alla sua coscienza, al suo modo di recepire gli eventi, in definitiva alla nostra società progressista, democratica e civile.

E invece sembra proprio che tutto ciò rechi la seccatura di essere distratti nel nostro quotidiano, distratti dal nostro egoismo becero, cosa ha così profondamente modificato il nostro Dna, 30/40 anni fa le piazze di tutto il mondo si riempivano per vicende di ben minore importanza. Cosa ci ha cambiati così profondamente? La politica e dico tutta la politica, l’interconnessione universale, il perseguimento del successo e del denaro, l’abitudine alle tragedie non ci tocca più, tanto domani ce ne sarà un’altra… Ecco questo, caro Vannacci è il mondo al contrario!