Frode elettorale
eterna bufala di Trump

«Sappiamo intuitivamente che molti clandestini votano nelle elezioni federali. Ma non è possibile provarlo facilmente. Non abbiamo i numeri». Queste le parole dello speaker della Camera Mike Johnson, repubblicano della Louisiana, terza carica del governo americano.

Mike Johnson

Johnson in realtà non vuole riconoscere il fatto che in America i casi di un individuo che voti senza essere cittadino come richiede la legge sono inesistenti, come ci dimostrano agenzie obiettive ma anche quelle pendenti sia a sinistra che a destra. Le elezioni americane anche se non perfette sono sicure e logicamente non c’è frode perpetrata da abusi di individui non aventi diritto al voto o altri tipi di irregolarità.

Secondo il Brennan Center for Justice della Facoltà di Giurisprudenza alla New York University, un istituto progressista non profit, i casi di voti di individui non aventi diritto è rarissimo. In uno studio di elezioni in 42 distretti nel 2016 che ha esaminato 23 milioni di schede elettorali solo una trentina di casi sospetti sono stati rilevati. Si tratta di individui la cui cittadinanza era in dubbio per ragioni burocratiche. Anche il Cato Institute, sito a Washington D. C., con tendenze libertarie, ha concluso che esistono casi rarissimi in cui un non cittadino potrebbe votare. E nello Stato della Georgia uno studio condotto nel 2022 ha rilevato che in 25 anni solo 1700 individui con dubbia cittadinanza hanno tentato di registrarsi al voto. Nessuno di questi individui è riuscito a votare.

L’idea che masse di clandestini o non cittadini cerchino di registrarsi per votare si scontra con tante ragioni di logica. Un individuo che tenta di registrarsi deve dichiarare indirizzo e altri connotati. Deve anche firmare la registrazione e giurare di essere cittadino degli Stati Uniti. Questi documenti vengono poi esaminati e scrutinati dagli uffici elettorali, confrontandoli con altri documenti in possesso del governo come carte di identità, patenti e numeri di Social Security.

Migranti cercano di entrare negli USA

n individuo che non ha la cittadinanza non ha nessun incentivo a fornire queste informazioni al governo specialmente quello senza documenti regolari. Il rischio di deportazione è troppo alto. Inoltre l’interesse di votare negli Stati Uniti non è mai priorità nella mente di questi individui. La preoccupazione per loro è trovare lavoro che gli permetterà di vivere e forse mandare qualche risparmio ai propri cari nei Paesi di provenienza. Perché rischiare il proprio futuro per votare? Il basso flusso alle urne anche dei cittadini ci dice che la gente non dà tanta importanza al voto. Da aggiungere anche che le pene per quelli che cercano di votare illegalmente sono salate. Multe e persino anni di carcere potrebbero essere imposti nel caso di essere beccati.

La frode elettorale è sempre stata un cavallo di battaglia dei repubblicani che hanno sempre cercato di limitare l’eleggibilità al voto. Nonostante la sua vittoria per mezzo del Collegio Elettorale nel 2016 Donald Trump ha strillato alla frode elettorale. Il 45esimo presidente che non vuole e secondo lui non può mai perdere fu sconfitto nel voto popolare dalla sua avversaria Hillary Clinton con un margine di 3 milioni. Trump ha ripetutamente dichiarato che questi voti sono venuti da clandestini. L’altra sua bufala è avvenuta con l’elezione del 2020 che Trump perse ma lui ha giustificato di nuovo con la frode elettorale. La bufala ripetuta costantemente da Trump e quasi tutta la leadership del Partito Repubblicano ha convinto una buona fetta dell’elettorato pendente a destra che Joe Biden sia un presidente illegittimo.

Frode elettorale, Donald Trump

Donald Trump

A intorbidire le acque sulla legittimità elettorale adesso viene fuori il diritto di voto di residenti legali senza cittadinanza nelle elezioni locali in una quindicina di distretti statunitensi, principalmente in Stati liberal come la California. Il caso più eclatante però è quello recente di Washington D. C. che ha approvato una procedura secondo cui tutti i residenti con documenti legali saranno eleggibili al voto nelle elezioni locali. Questi elettori non cittadini riceveranno una scheda elettorale e quelli con cittadinanza ne riceveranno un’altra che permetterà loro di votare anche nelle contese federali.

Il polverone dei clandestini che votano è sollevato ancora di più con questi diritti concessi a residenti legali di partecipare nelle elezioni per sindaci, consigli scolastici e altri incarichi locali che influiscono nella vita di questi non cittadini. Loro lavorano, pagano le tasse e quindi l’idea che abbiano la possibilità di esprimere i loro desideri gli conferisce un’opportunità di integrazione.

Assemblea della Camera dei rappresentanti Usa

La stragrande maggioranza però non vota per paura o altre ragioni. Nella città di Washington il 15 percento dei 700 mila residenti è nato all’estero. I non cittadini che si sono registrati per votare nell’elezione locale sono solo 500. Quanti voteranno? Probabilmente una frazione di loro. Johnson e i repubblicani che hanno la maggioranza al Congresso hanno già approvato una legge che impedirebbe questo voto ai non cittadini. Il Senato, con la maggioranza democratica, non l’approverà e quindi non avrà nessun effetto pratico. Quello politico però esiste poiché si aggiunge alla campagna di disinformazione repubblicana delle elezioni truccate.

Affiancato da leader della maggioranza alla Camera Johnson ha recentemente dichiarato che il loro disegno di legge rappresenta «l’essenza di avere una Repubblica costituzionale» che permette di avere fiducia «nell’integrità del sistema». In effetti, il sistema è stato scosso dall’ex presidente e attuale candidato repubblicano alle presidenziali con la sua bufala dell’elezione truccata nel 2020. Si teme che anche il risultato dell’elezione del 2024 verrà interpretato allo stesso modo a meno che Trump non vinca. In quel caso tutto a posto. La democrazia funziona quando i repubblicani vincono. Quando perdono cercano di spiegare le loro sconfitte ricorrendo alle truffe inesistenti, destabilizzando la democrazia.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.