Adesso scoppia anche il caso Termoli. Dal grande amore, al matrimonio, al possibile divorzio Tavares-Italia. Tutto in tre anni. Carlos Tavares nel gennaio 2021 è entusiasta di Stellantis, la società automobilistica nata dalla “fusione paritaria” tra Fiat Chrysler Automobiles e Peugeot-Citroen.
Parla di ambiziosi piani di sviluppo, di grandi investimenti nella nuova mobilità elettrica, di molti nuovi modelli, di 14 grandi marchi del gruppo da valorizzare (italiani, francesi, tedeschi, britannici, statunitensi). Rassicura chi indica dei rischi per l’occupazione. S’impegna «a non chiudere nessuno stabilimento produttivo». L’Italia, precisa, non ha nulla da temere perché «Stellantis farà da scudo, da protezione per alcuni stabilimenti». John Elkann, principale azionista e presidente del colosso italo-franco-americano, nipote di Gianni Agnelli, fa analoghe dichiarazioni rassicuranti.
Tavares è un manager apprezzato. Conserva in Stellantis l’incarico di amministratore delegato già detenuto nel gruppo francese Peugeot-Citroen. È un amante delle automobili. Anzi, il manager portoghese che ha il suo quartier generale a Parigi, è anche un pilota provetto. In particolare confessa di amare le Alfa Romeo e le Lancia.
Però, quasi da subito, le cose non vanno bene, almeno per il ramo italiano del quarto impero automobilistico del mondo. I profitti ci sono, anche forti, gli investimenti vanno dappertutto in nuovi modelli di auto e in tecnologia elettrica però in Italia o arrivano con il contagocce, o giungono in ritardo o vengono rinviati in un lontano futuro.
Fioccano in tutte le fabbriche della Penisola la cassa integrazione, i pre pensionamenti, gli incentivi economici all’esodo di operai, impiegati e tecnici. Lo scorso dicembre c’è una pesante doccia fredda: chiude il boccheggiante impianto Maserati di Grugliasco, la fabbrica modello voluta da Sergio Marchionne e intestata a Gianni Agnelli. Grugliasco nella mente di Marchione avrebbe dovuto essere uno dei perni del “polo del lusso”, cioè uno degli impianti destinati a fabbricare macchine di alta gamma con ampi margini di guadagno in grado di garantire la piena occupazione negli stabilimenti nazionali. Le premesse c’erano: Grugliasco nel 2017 costruiva e vendeva 55.000 Maserati. Il “polo del lusso” è svanito e non si sa se esista un piano alternativo.
Crescono le proteste dei sindacati. Tavares improvvisamente lancia l’allarme soprattutto per possibili tagli a Mirafiori e a Pomigliano D’Arco. Nei guai è in particolare Mirafiori. Nella culla dell’ex Fiat a Torino la cassa integrazione dilaga, le fermate produttive sono continue. Praticamente rimane in produzione solo la 500 elettrica, nel 2024 il rischio è di produrre appena 50.000 vetture. Scattano gli scioperi spontanei a Mirafiori, a Torino ad aprile scioperano i lavoratori di Stellantis e tutti i metalmeccanici dell’indotto con aziende sull’orlo del fallimento. I sindacati chiedono di produrre almeno un altro modello di massa per arrivare ad allestire un minimo di 200.000 vetture l’anno (la capacità produttiva di un tempo della fabbrica torinese arrivava ben oltre).
Adolfo Urso chiede a Stellantis di impiantare almeno un secondo modello di massa a Mirafiori e di arrivare ad oltre un milione di macchine costruite ogni anno in Italia. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy apre la porta pure all’arrivo di un secondo produttore di auto sul suolo nazionale, americano, cinese o giapponese (molto gettonata è la Toyota) in modo da difendere l’occupazione.
Tavares incassa i nuovi incentivi economici del governo all’acquisto di auto elettriche, ibride e a benzina a basso tasso di inquinamento e ribadisce la “centralità” dell’Italia nella strategia produttiva della multinazionale. Contesta il possibile arrivo di un concorrente cinese in Italia ma colloca in Polonia la produzione della Leapmotor, una società cinese della quale è in parte azionista Stellantis. Chiede agli operai italiani di andare a lavorare in un impianto Peugeot in Francia. Annuncia la produzione a Mirafiori di un secondo modello: la Fiat 500 ibrida ma sarà in vendita tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. L’attesa sarà lunga.
Elkann tace. Non entra nelle polemiche forse perché è molto impegnato nella disputa giudiziaria con la madre Margherita Agnelli, sulla vicenda dell’eredità di Gianni e Marella. Il presidente di Stellantis tace anche sulle indiscrezioni circa la vendita della Maserati alla Ferrari, la società di auto sportive in ottima salute di proprietà dalla famiglia Agnelli-Elkann.
C’è però da fare i conti con una nuova brutta notizia. Scoppia a giugno il caso Termoli. La gigafactory annunciata tre anni fa per produrre batterie elettriche a Termoli per le auto per ora non si farà. La conversione dello stabilimento Stellantis (adesso costruisce motori a combustione e cambi) sarebbe dovuta cominciare entro il 2024 ma al ministero delle Imprese è annunciata una sospensione. Forse, non è detto, i lavori a Termoli inizieranno nel 2025. Si tratta della nuova e più importante iniziativa industriale di Stellantis in Italia. Il progetto prevede a Termoli un investimento di oltre due miliardi di euro (400 milioni di finanziamento pubblico). Ha una doppia importanza: per l’impatto occupazionale e per l’acquisizione nel Belpaese di una autonomia sul fronte dei motori elettrici. È un nuovo tassello alla tesi di chi parla di un divorzio Tavares-Italia.