La sinistra francese sorprende tutti. Vince i ballottaggi delle elezioni politiche smentendo le previsioni negative di analisti, istituti demoscopici, giornali. Il Nuovo Fronte Popolare (la coalizione tra sinistra radicale, socialisti, ecologisti, comunisti) conquista la maggioranza relativa dei deputati all’Assemblea Nazionale, il Parlamento francese.
Detiene più deputati dell’alleanza centrista di Emmanuel Macron e dell’estrema destra di Marine Le Pen. Un risultato impensabile: al primo turno Marine Le Pen aveva stravinto, qualcuno pronosticava che avrebbe conquistato la maggioranza assoluta dei deputati con i ballottaggi, ma così non è stato.
Certo hanno pesato i patti di desistenza tra sinistra e macroniani (il candidato con meno voti al primo turno si è ritirato al secondo per convogliare i consensi e sconfiggere quello della destra radicale). Ha funzionato, ma ha funzionato soprattutto il ritorno alla sintonia della sinistra con il suo elettorato popolare, sbandato tra l’astensionismo e la scelta del voto a destra. L’affluenza alle urne è stata quasi del 70% dei votanti, il dato più alto dal 1981.
Le carte vincenti giocate dalla sinistra francese sono soprattutto tre: 1) l’appello a battere la destra con tentazioni autoritarie erede del regime fascista di Vichy, 2) le proposte per combattere la precarietà del lavoro e per rafforzare lo stato sociale, 3) le spinte contro la guerra in Ucraina.
La campagna elettorale della sinistra francese fa centro. Il Nuovo Fronte Popolare recupera il suo popolo, torna in sintonia con i giovani, i ceti popolari, i lavoratori marginali in difficoltà. Convince il suo progetto di difesa della democrazia dall’estrema destra. Convince l’impegno a impegnare sforzi e risorse per potenziare i devastati diritti sociali (dall’aumento del salario minimo alla pensione a 60 anni di età, dall’imposta patrimoniale alla bocciatura del Patto di stabilità europeo). Il lavoro tutelato sì, difesa dell’alta finanza no. Così arresta lo sbando degli ultimi anni sotto il doppio assalto della destra post fascista e dei tecno-centristi macroniani.
Un ruolo trainante nella vittoria ce l’ha Jean-Luc Mélenchon, il fondatore e leader di La France Insoumise (La Francia Indomita), il partito della sinistra radicale divenuto il più forte dell’intesa elettorale progressista. Mélenchon, ex socialista, è un trascinatore di folle con i suoi progetti e slogan massimalisti. Proclama: Macron «deve piegarsi», deve fare le valigie; ora il governo spetta al Nuovo Fronte Popolare. Avverte: attuerà «tutto il suo programma». Olivier Faure la pensa in modo analogo. Il segretario del Partito Socialista annuncia: il Nuovo Fronte Popolare deve «essere in grado di presentare entro la settimana una candidatura» alla carica di primo ministro, un nome frutto di un accordo o di una votazione.
Tuttavia formare un nuovo esecutivo sarà molto complicato per due motivi: 1) nessuna coalizione ha la maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, 2) anche all’interno del Nuovo Fronte Popolare i contrasti sono forti.
In molti, anche dalla sinistra riformista, accusano La France Insoumise di atteggiamenti antisemiti e massimalisti; gli ebrei d’Oltralpe sono in allarme. Non a caso Mélenchon difende solennemente tutti i diritti civili e politici. Dichiara: nella nuova Francia non c’è spazio per «machismo, omofobia, razzismo, islamofobia e antisemitismo». Forse Mélenchon potrebbe restare all’opposizione di un nuovo, eventuale governo tra sinistra riformista, centro, destra moderata. Per lui sarebbe un ottimo posizionamento per poi candidarsi nel 2027 a presidente della Repubblica in contrapposizione a Le Pen.
Il modello istituzionale francese, quello della Quinta Repubblica, va in tilt. La repubblica presidenziale (con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno) voluta da Charles de Gaulle per garantire stabilità politica alla Francia mostra la corda. È fallito altresì anche l’obiettivo di Macron di cancellare destra e sinistra con la supremazia del suo tecnocentrismo. All’inizio il presidente della Repubblica Francese riuscì quasi ad annullare le forze di sinistra, ma ora l’affermazione del Nuovo Fronte Popolare riporta in auge l’antico meccanismo dei partiti tradizionali dati per defunti diversi anni fa.
Già c’è chi pone il problema di una riforma istituzionale. È un altro problema da sommare a quelli politici, economici e sociali da affrontare da una Francia in forte affanno.