Ferito Trump,
America malata

Donald Trump ferito a un orecchio durante un comizio elettorale

Si insanguina la campagna elettorale per eleggere il nuovo presidente degli Stati Uniti. Attentato a Trump. L’ex presidente è stato ferito a un orecchio con un colpo di fucile mentre teneva un comizio a Butler in Pennsylvania. L’attentatore è stato ucciso. Un morto e due feriti gravi si sono contati tra i sostenitori del candidato repubblicano alla Casa Bianca. Ce ne parla Valter Vecellio, giornalista, collega esperto della realtà americana.

Chi cavalca la tigre prima o poi ne viene divorato. Commento perfino banale. E tuttavia per quanto possa esserlo, è comunque vero: chi semina vento raccoglie tempesta. 

Attentato a  Trump, Donald Trump saluta la folla dopo l'attentato

Donald Trump saluta la folla dopo l’attentato

Questo clima di intolleranza e di odio che serpeggia per forza produce frutti velenosi. Ma al di là del personaggio, al netto del gesto sempre e comunque condannabile, è la conferma che questo Paese (che ha appena festeggiato il 4 luglio, l’Independence day, con quella dichiarazione che sancisce diritti e diritto per tutti e sempre), vive una drammatica condizione di laceranti contraddizioni e tensioni che quattro anni di presidenza democratica non hanno saputo o potuto sanare. Il clima sembra anzi ancora più infuocato.

Anni fa, molti anni fa, c’erano un Partito Repubblicano rispettabile (che non ha nulla a che fare con l’attuale), e un Partito Democratico (che poco aveva a che fare con questo): partivano da posizioni “estreme” e man mano convergevano al “centro”. Ora questo “centro” sempre più appare smarrito e privo di interlocutore. Le alternative a Trump (tipo Rubio) sono perfino peggiori. Le alternative credibili a Biden semplicemente non ci sono.

È un processo non di ora. Trump fa del suo meglio per vellicare un elettorato frustrato, che non si sente rappresentato e tutelato; ma Trump è contemporaneamente padre e figlio di questo processo. Il MAGA non spunta all’improvviso come un fungo dopo la pioggia, è diretto discendente dei TEA Party di George W. Bush. Un processo politico che lievita da anni, avvelena la società incontrastato.

Il faccia a faccia tra Trump e Biden per la Casa Bianca

La più grande democrazia del pianeta è percorsa e scossa da un malessere grave e profondo, un’infezione che annulla rabbiosamente gli anticorpi, serviranno anni e anni di pazienti cure e medicamenti; e al momento non si scorge nessuno all’orizzonte che abbia le capacità e l’autorevolezza necessarie e urgenti. Così i bubboni esplodono fragorosi; è inquietante che il gravissimo assalto/golpe a Capitol Hill sia ancora giustificato da oltre un terzo del paese.

Sabato 13 luglio, a Butler, molto probabilmente grazie a questo attentato Trump ha conquistato di nuovo la Casa Bianca. L’orecchio che gronda sangue, lui che si rialza, agita il braccio col pugno chiuso, inveisce: “Sono ancora qui”, è un’immagine forte, iconica.

I democratici dovrebbero piantarla con le loro interne faide meschine, e seguire l’esempio di Sanders e di Ocasio: stringersi compatti attorno a Biden.

God bless America, s’usa dire da queste parti. Mai come ora ce ne sarebbe bisogno.