Tanto tuonò che piovve: magari! si potrebbe dire di fronte alle fiamme. Purtroppo c’è poco da scherzare. Roma brucia e se non brucia affoga e se non affoga soffoca, schiacciata da un destino cinico e baro. Ma il caldo è eccezionale! Certo. Il cambiamento climatico è globale! Certo. Siccità e alluvioni non perdonano! Certo. Ma come mai queste avversità fanno danni qui più che altrove?
Brucia il costone boschivo di Monte Mario, fino alla città giudiziaria di piazzale Clodio, la più importante d’Italia. Il fuoco arriva a lambire gli studi storici ancora attivi della Rai in via Teulada, assedia la caserma dei carabinieri che presidia questi siti strategici. Sale su fino all’Osservatorio e al Museo Astronomico, attenta maramaldescamente ai romantici ricordi del piazzale dello Zodiaco, paradiso degli innamorati. Si spinge a minacciare l’ingombrante ex Hilton con l’annesso tempio gastronomico di Heinz Beck. Diamogli tempo e arriva a villa Miani.
Siamo a un tiro di schioppo dall’Ospedale Oftalmico, a uno sputo dal Foro Italico, nel polmone verde di uno dei quartieri più vivi. In questo luogo prezioso e sensibile scoppia un incendio dicono in un accampamento nomade e le fiamme si alimentano con la boscaglia circostante. Doloso? C’è chi prega che lo sia. Il sindaco sul posto, via il caschetto è il momento della mascherina. I campi li sgomberiamo ma poi ritornano, i rifiuti pure, l’emergenza abitativa, il piano casa, le occupazioni. Si, sono il sindaco, ma il governo, la regione, la Croce Rossa, l’Onu, il circolo degli scacchi, Padre Pio, quando si dice il senso della condivisione!
Il prefetto ha convocato un vertice certo non per distribuire medaglie, ma siamo di nuovo all’emergenza. Risulta che i bocchettoni degli idranti dell’area sono soffocati dalla sterpaglia e impraticabili sono le vie di rottura del fuoco, gli allarmi non sono mancati. Il disinteresse per le prevedibili criticità è stato colpevole perché teorizzato, come nel caso del mancato sfalcio delle superfici erbose, in onore all’ecosistema, biodiverso, bioillogico, bischero: anche un bambino sa che se non la tagli la vegetazione ti sovrasta.
Roma era una delle città più verdi (città con una storia ovviamente, non invenzioni dell’altro ieri). Aveva un servizio giardini di tutto rispetto, ville e parchi monitorati dai vigili in bicicletta. Si arriva a ricordare le giunte democristiane, quantomeno più sensibili. E certo rimpiangere primi cittadini che pure con poteri limitati sono stati al capezzale della città non con cure palliative: Petroselli, Argan, Vetere, Carraro e il primo sindaco eletto direttamente, Rutelli che, e non è poco, non si è sentito podestà. Poi…fino a Gualtieri passando per Raggi.
Ora la montagna partorirà il topolino e un comitato straordinario progetterà l’ovvio. Con nuove strutture ad hoc, mappature, spese e incarichi. Aspettando il botto per l’uso dissennato del Circo Massimo, il collasso della città per il super dosaggio di turismo fuggi senza mordere, per l’esasperazione dei residenti. Si, ma intanto la via Appia è diventata patrimonio dell’umanità. Che volete di più dalla vita? Un sorriso…amaro.