Da una parte Dongfeng, dall’altra parte Stellantis. Da una parte una delle nuove compagnie dell’auto cinesi, dall’altra il gigante italo-franco-americano che ha inglobato l’ex galassia automobilistica degli Agnelli.
Premio conteso è Torino: Dongfeng (Vento dell’Est in cinese) è corteggiata dal governo e dai sindacati italiani per impiantare una nuova fabbrica di autovetture elettriche nella Penisola. In particolare la scelta dovrebbe cadere su Torino per salvare dalla desertificazione industriale la ex capitale dell’auto dalla quale è in ritirata Stellantis, multinazionale per la quale la ex Fiat è solo una marca periferica.
Il buio c’è da tempo e si è infittito nell’ultimo anno. Ancora non c’è nessun accordo con Stellantis. La speranza è di vedere un po’ di luce in un nuovo incontro previsto a settembre dopo le vacanze estive. La riunione del 7 agosto al ministero delle Imprese e del Made in Italy è stata un ennesimo buco nell’acqua. L’incontro tra governo, azienda e sindacati sul futuro degli stabilimenti italiani di Stellantis non dà alcuna certezza né sulla produzione né sull’occupazione. Buio anche alla commemorazione a Torino dei 125 anni di vita della Fiat, i discorsi di Carlos Tavares e di John Elkann non hanno fornito le risposte attese.
I sindacati sono in forte allarme. Ferdinando Uliano è molto preoccupato: dopo un anno di discussioni non c’è nulla di concreto. Il segretario della Fim Cisl dice: si rischia «il fallimento». La situazione è molto difficile. Avverte: va affrontata «in maniera sistemica», cioè in una visione industriale generale per affrontare i gravi problemi degli impianti italiani. La produzione di auto invece di salire oltre 1 milione di vetture l’anno è addirittura sprofondata ulteriormente. Uliano dà cifre drammatiche sul crollo produttivo degli stabilimenti italiani di Stellantis: 500.000 veicoli nel 2024 dai 750.000 costruiti nel 2023 (tra auto e furgoni). Sono in pericolo i posti di lavoro dei 40.000 dipendenti del gruppo automobilistico ex Fiat più altri migliaia dell’indotto.
Fermo della produzione per il calo delle vendite, cassa integrazione, prepensionamenti, contratti di solidarietà, incentivi economici all’esodo. La paura di perdere il lavoro è forte in tutti gli impianti della Penisola: Mirafiori, Melfi, Termoli, Cassino. Solo a Pomigliano D’Arco e ad Atessa l’ansia è un po’ inferiore. Stellantis ha chiuso l’impianto Maserati di Grugliasco, ha rinviato a tempi migliori la costruzione della gigafactory di Termoli destinata a produrre le batterie per le auto elettriche, ha incassato gli incentivi pubblici per la vendita delle vetture a basso tasso d’inquinamento ma non ha ancora siglato un patto strategico d’investimenti per realizzare un milione di macchine l’anno.
Adolfo Urso e i sindacati da oltre un anno hanno avanzato la richiesta di produrre almeno un milione di vetture l’anno. La capacità produttiva delle fabbriche italiane è di un milione e mezzo di autoveicoli ma il gruppo guidato da Carlos Tavares prende tempo e nel frattempo costruisce nuovi modelli Fiat, Alfa Romeo e Lancia in Polonia, Serbia, Spagna, Marocco. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy è pronto a giocare la carta d’invitare una grande casa costruttrice straniera, in particolare cinese, a produrre in Italia. Urso è andato più volte in Cina. Nell’incontro del 7 agosto ha confermato i contatti in corso soprattutto con la Dongfeng. La compagnia cinese potrebbe insediarsi proprio a Torino nella capitale dell’ex impero Fiat. Nei pressi di Torino sono tante le fabbriche dismesse, cominciando da Grugliasco. L’obiettivo sarebbe di costruire 100.000 auto elettriche l’anno da vendere in tutta Europa. Invece Mirafiori, in coma profondo, difficilmente arriverebbe a realizzare 50.000 vetture nel 2024. I sindacati dei metalmeccanici hanno scioperato a Torino proprio per chiedere un aumento della produzione ad almeno 200.000 macchine l’anno.
Giorgia Meloni ha fatto da battistrada con il suo viaggio a Pechino e Shanghai a fine luglio. La presidente del Consiglio ha incontrato il presidente della Repubblica Popolare Xi Jinping, il premier Li Qiang e molti imprenditori e dirigenti di gruppi del Dragone. Sono stati decisi molti progetti di collaborazione economica, industriale, tecnologica e culturale. L’auto elettrica è stata la grande protagonista dei colloqui. «L’auto elettrica è nel memorandum sulle intese industriali, ci lavoreranno –ha precisato Meloni- i ministri competenti».
Tavares teme l’arrivo di una casa automobilistica cinese in Italia. Anzi, l’amministratore delegato di Stellantis indica il pericolo di tagli alla produzione negli stabilimenti italiani se giungerà la concorrenza di Pechino nel Belpaese. Tuttavia Tavares decide di produrre in Polonia le macchine elettriche della Leapmotor, una casa cinese della quale ha acquistato tempo fa il 21%. E le costruirà a Tychy, uno storico ex stabilimento Fiat ora Stellantis e non a Mirafiori, la fabbrica culla dell’auto italiana sull’orlo del baratro. La partita per il dominio del mercato automobilistico in Italia, in Europa e nel mondo è in pieno svolgimento.