I turisti invadono Bologna. Molto apprezzati sono anche i piatti e i cibi tipici: tortellini, tagliatelle, mortadella, porchetta. Ma le vie del centro storico intasate dai tavolini dei ristoranti e dei bar sollevano le proteste di molti bolognesi. Perfino il prestigioso New York Times pone il problema di “tavolino selvaggio”. Ce ne parla Maria Luisa Berti.
Assai gradita ai Bolognesi era la Festa della Porchetta, considerata la festa della città che si teneva il 24 agosto, giorno di San Bartolomeo, dalla metà del XIII secolo fino all’arrivo delle truppe francesi (1749). Sulle sue origini ci sono due teorie. La prima risale all’entrata a Bologna di Re Enzo, il figlio dell’imperatore Federico II, dopo la sconfitta nella battaglia della Fossalta, proprio il 24 agosto del 1249. La seconda fa riferimento alla presa della rocca di Faenza nel 1281. La rivolta è iniziata proprio perché a Tibaldello de Zambrasi era stata rubata una porcellina.
I preparativi iniziavano alla vigilia di Ferragosto per allestire nella piazza grande macchine sceniche grandiose. Durante la mattina del 24 si svolgevano le funzioni religiose nella Chiesa di San Bartolomeo e vi partecipavano le più alte cariche del governo cittadino. Nel pomeriggio il popolo poteva assistere a vari spettacoli: il palio, rappresentazioni teatrali e di giocolieri. Tra gli spettacoli più famosi si ricordano quello del 1668 con la rappresentazione dello scontro tra due vascelli nel porto di Napoli; la distruzione di Alba con Orazio Coclite; Pallade Atena e il cavallo di Troia. In piazza c’era l’albero della cuccagna, un palo scivoloso su cui ci si doveva arrampicare per raggiungere il premio, solitamente generi alimentari.
Il momento più atteso dal popolo era la Colta o Coglia, cioè il lancio della porchetta arrostita dalla “renghiera” del Palazzo del Popolo (l’attuale Palazzo d’Accursio) ed anche i nobili lanciavano volatili, selvaggina, dolci, confetti, monete d’oro e d’argento e fiumi di vino bianco e rosso. I Bolognesi si accalcavano per procurarsi cibo e monete e spesso dovevano intervenire le guardie, i birri, per sedare liti e salvare i malcapitati. Anche allora il cibo abbondava, soprattutto tra i notabili e i ricchi, ma se ne faceva gran spreco mentre il popolo spesso faceva la fame.
Uno studente di medicina del ‘500 ebbe a dire che i salsicciotti bolognesi erano i migliori, buoni sia crudi che cotti e stavano bene con il vino. I piatti tipici erano a base di carne, di maiale o di selvaggina, pasta all’uovo e latticini e venivano usati i grassi animali: strutto e burro. Tortellini, tagliatelle, mortadelle e ragù erano e sono un vanto della cucina bolognese.
C’è chi racconta che i tortellini bolognesi siano nati alla locanda Corona, di Castelfranco Emilia, dove l’oste, sbirciando dal buco della serratura di una stanza, fu colpito dalla bellezza dell’ombelico della nobildonna che vi soggiornava. Ne fu tanto colpito che volle ricrearlo nella sua cucina, ecco perché il tortellino richiama la forma dell’ombelico. A quei tempi Castelfranco sorgeva in territorio bolognese mentre ora è sotto la provincia di Modena… le due città, infatti, si contendono ancora la paternità del tortellino.
Secondo una leggenda popolare, legata alla prigionia di Re Enzo, una donna nel timore che il principe fosse malnutrito gli avrebbe allungato, tramite un piccolo pertugio, un pezzettino di carne avvolto nella pasta sfoglia.
Sulle tavole dei bolognesi fin dal XII secolo c’erano i tortellini ma la prima ricetta scritta risale al 1300, dove il ripieno era di carne e la cui ricetta venne spiegata dal cuoco Maestro Martino un secolo dopo. Nel ‘400 il tortellino viene addirittura citato in una novella del “Decamerone” di Boccaccio.
Nel 1904 i fratelli Bertani presentarono il tortellino alla Fiera di Los Angeles dando così inizio alla sua popolarità, poi incrementata il 7 dicembre 1974 dalla “Dotta Confraternita del Tortellino” che registrò la ricetta del tortellino in brodo presso la Camera di Commercio di Bologna.
L’origine delle tagliatelle secondo la leggenda risale al 1487 quando il Signore di Bologna, Giovanni II di Bentivoglio, chiese al suo cuoco personale, Mastro Zefirano, di creare un piatto per celebrare le nozze di Lucrezia Borgia con il Duca di Ferrara, Alfonso I d’Este. Nacquero così le tagliatelle per celebrare i lunghi capelli biondi di Lucrezia. Ferrara però ha sempre rivendicato il vanto dell’invenzione di questa pasta.
La storia della mortadella inizia in epoca romana. È stata infatti ritrovata a Bologna una stele di epoca imperiale dove sono raffigurarti sette maialetti mentre vengono portati al pascolo e un pestello per lavorare le carni. Pare che l’etimologia della parola risalga al mortarium, il mortaio su cui veniva tritata la carne mentre, secondo un’altra teoria, la parola deriva da farcimen myrtatum, il mirto utilizzato come aroma.
Nel Seicento Vincenzo Tanara nel suo trattato L’economia del cittadino in villa descrisse le fasi della lavorazione della mortadella, indicando anche la quantità e la dose delle spezia da utilizzare: sale, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, muschio, pepe in grani, zucchero e vino malvasia.
Nel 1661, per regolarne la produzione, il cardinale legato di Bologna, Girolamo Farnese, emise un bando che impediva la produzione di mortadella con carni diverse da quelle di maiale e l’applicazione dei sigilli di garanzia divenne di competenza della corporazione dei Salaroli, una delle più antiche di Bologna, che aveva per stemma un mortaio con pestello. Nel 2001 è nato il Consorzio Mortadella Bologna, che riunisce i maggiori produttori di questo salume e ne indica le caratteristiche.
I tortellini in brodo, le tagliatelle con il ragù e un panino farcito con la mortadella sono davvero una delizia per tanti palati, e non solo bolognesi, ma le strade di Bologna non possono essere invase da tavolini di bar e ristoranti che offrono anche tali piatti. Bologna ha una storia antica i cui primi insediamenti risalgono all’età del bronzo. I musei, la Pinacoteca, chiese, torri e palazzi meritano di essere visitati ed è bello poter girare per le vie della città senza dover scansare tavolini e sedie.
Secondo articolo – Fine