Le proteste di piazza contro Macron per la nomina a primo ministro di Michel Barnier adesso rischiano di mettere a ferro e fuoco la Francia. Scegliendo un vecchio gollista, il capo dello Stato ha ignorato il successo elettorale del Nuovo fronte popolare, l’alleanza delle sinistre che il 7 luglio scorso aveva vinto il secondo turno delle politiche francesi. Senza considerare, poi, il debito politico verso il cartello elettorale messo in piedi da Mélenchon e soci che, seppure grazie a una serie di desistenze, era riuscito a sbarrare il passo all’estrema destra lepenista.
Comunque si valuti la scelta di mettere il nuovo governo nelle mani di Barnier, il dato più evidente e preoccupante è l’immobilismo politico di Macron. La sua tendenza a ignorare la volontà popolare e i risultati delle urne. La pericolosa abitudine a prendere tempo dopo ogni elezione andata male con l’obiettivo di cucire una maggioranza attorno al suo partito centrista lasciando gli indesiderati fuori dalla porta. E non importa se quei partiti hanno fatto il pieno di voti e rappresentano milioni di cittadini, come accade ora con la destra di Marine Le Pen e la sinistra di Mélenchon.
Ma la tendenza, a far finta di niente e a continuare come prima dopo un risultato elettorale sfavorevole non è una prerogativa del solo Macron e del suo centro politico moderato. All’inizio di settembre in Germania c’è stata la scalata dell’Afd, l’ultradestra neonazista che in Turingia e Sassonia ha stravinto le elezioni regionali. Il cancelliere tedesco, il socialista Olaf Scholz, ha messo la testa sotto la sabbia. Si è limitato a definire la sconfitta elettorale “amara e molto pesante”, per poi auspicare coalizioni di governo in Sassonia e Turingia senza Alternative für Deutschland.
In effetti, malgrado il trionfo elettorale, l’Afd rimarrà politicamente isolata, perché i partiti tradizionali si rifiuteranno di collaborare per formare una maggioranza. La responsabilità di governare ricadrà quindi probabilmente sulla Cdu, che è arrivata prima in Sassonia. Naturalmente si tratta di una “soluzione” che non elimina il problema del trionfo dell’estrema destra nell’ex Ddr.
Comunque sia, senza un’analisi approfondita della crescita esponenziale dell’estrema destra in Germania il problema non può essere risolto con lo sbarramento creato dall’unione dei vecchi partiti democratici. Le risposte più frequenti date all’odierno boom elettorale della Adf pescano nella storia della Ddr, nel passato di tanti tedeschi che hanno vissuto sotto la dittatura comunista fino al 1989.
Ma questa spiegazione non basta. Infatti la democrazia tedesca oggi presenta le stesse caratteristiche dell’Ue e dell’Occidente. Dove, esattamente come in Germania, i partiti tradizionali sono sostanzialmente d’accordo su tutta una serie di questioni di fondo. Con la sola eccezione dell’estrema destra. E questo è il punto.
Vediamo. In nome del politicamente corretto, il fronte unito del centrosinistra sostiene l’Ucraina di Zelensky contro Putin. Inoltre i vecchi partiti “democratici” risultano sostanzialmente d’accordo su una serie di questioni fondamentali. Quindi sono contro i motori a combustione, contro l’energia nucleare e a favore della transizione energetica. Naturalmente non sono contrari ai matrimoni gay e appoggiano l’integrazione degli immigrati clandestini.
«Ma se tanti partiti stentano a differenziarsi sulle questioni fondamentali – ha spiegato in un’intervista Thomas Brussing, scrittore tedesco nato e cresciuto nella Ddr – ecco che nasce il bisogno di un partito che rappresenti posizioni diverse, anche se biasimevoli…». Come l’Adf, appunto, il cui successo elettorale non si spiegherebbe soltanto con i postumi della dittatura comunista e con le umiliazioni subite dai cugini occidentali dopo la riunificazione tedesca.
Una parte del trionfo di Alternative für Deutschland andrebbe quindi messa sul conto della maggioranza semaforo (socialisti, verdi e liberali) che governa la Germania, e che in nome del politicamente corretto, ha finito per scontentare tanti cittadini. Soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione e nelle aree meno sviluppate del paese.