Germania est ha paura
Risposta a deriva nera

Ancora una volta la Germania fa paura all’Europa e a se stessa. Più esattamente ha paura e fa paura la Germania est. Spaventa la vittoria di Alternative fur Deutschland (Alternativa per la Germania), in sigla Afd, in Turingia e Sassonia.

Germania est, La Porta di Brandeburgo a Berlino illuminata con i colori della bandiera tedesca

La Porta di Brandeburgo a Berlino illuminata con i colori della bandiera tedesca

Il perché non è un mistero. Alternative fur Deutschland in certi momenti ricorda il pozzo nero del nazismo. Maximilian Krah prima delle ultime elezioni europee sparava in una intervista a la Repubblica: «Non dirò mai che chi aveva una uniforme delle SS era automaticamente un criminale». La sparò così grossa che Marine Le Pen e Matteo Salvini, due leader di estrema destra, ruppero ogni ipotesi di alleanza. Fu anche scaricato dai vertici del partito, ma comunque restò in pista per le elezioni europee e fu eletto eurodeputato.

Afd, partito nazionalista di estrema destra con venature neonaziste, da anni avanzava nelle elezioni delle regioni orientali della Repubblica federale tedesca, un tempo parte della Germania comunista. Nelle elezioni europee valica il 15% dei voti a livello nazionale e sfonda con oltre il 30% in Turingia e in Sassonia. Diventa addirittura il primo partito in Turingia e il secondo in Sassonia battendo la supremazia della Cdu (il partito di centro-destra democristiano). Non solo: sbaraglia i socialdemocratici della Spd e la sinistra critica Linke, polverizza ambientalisti e liberali. Solo Sahra Wagenknecht con il suo nuovo partito di sinistra radicale di carattere personale (porta il suo nome) riesce in qualche modo a tenere testa alla valanga nera. Forse perché come la Afd usa un linguaggio populista, in questo caso rosso-bruno.

Ora l’attesa è per cosa succederà il 22 settembre nelle elezioni in Brandeburgo, un altro Stato della Germania est. Se i nazionalisti di Afd dilagheranno ancora saranno guai. Potrebbe cadere il governo guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz  aprendo la porta alle elezioni politiche anticipate.

Olaf Scholz

Lo scontento sociale è forte nell’est della Repubblica federale: la Repubblica democratica tedesca all’epoca dell’Unione sovietica era lo Stato economicamente più avanzato tra quelli dell’Europa orientale sotto la sfera d’influenza di Mosca. Con la caduta del Muro di Berlino sperava nell’Occidente. Ma l’arrivo della democrazia ha deluso: il suo tessuto industriale è stato devastato e l’est è diventato la Cenerentola della Repubblica federale unificata. La globalizzazione, la guerra tra Russia e Ucraina e l’immigrazione hanno aggravato i problemi.

La Afd ha intercettato la protesta sociale, la richiesta di sicurezza e di identità dei cittadini ad oriente del fiume Elba. Hanno funzionato le battaglie contro l’ambientalismo spinto. Hanno funzionato i proclami per espellere gli immigrati, soprattutto quelli islamici. Hanno funzionato i toni duri contro la criminalità. Ha funzionato la mobilitazione per la tutela degli interessi tedeschi verso l’Unione europea. Ha funzionato l’allergia per l’Ucraina e la simpatia per Vladimir Putin che assicurava petrolio e gas a prezzi bassi. Hanno perso i partiti tradizionali ancorati al politicamente corretto, come scrive Felice Saulino su “Sfoglia Roma”.  

Ora Alternative fur Deutschland vuole governare prima nella Germania est e poi nella stessa Repubblica federale. Lo annuncia con toni tra pacati e minacciosi Alice Weidel co-presidente del partito. In una intervista a la Repubblica manda dei precisi messaggi: se la Cdu farà accordi con la sinistra (Spd e Wagenknecht) «sparirà, come la Democrazia cristiana».

Alice Weidel

Ipotizza anche l’uscita di Berlino dalla Ue se non saranno tutelati gli interessi nazionali: «La Germania, per sopravvivere, non ha bisogno della Ue. La Ue, al contrario, ha bisogno della Germania. La Ue dovrebbe comportarsi di conseguenza».

Il problema adesso è che fare. Va attaccata Alternative fur Deutschland e il suo autoritarismo ma vanno anche fornite delle risposte politiche credibili alle paure vere dei cittadini della Germania orientale. Anche perché la crisi economica si è affacciata da tempo in tutta la nazione, ora morde con forza pure ad ovest con la disoccupazione. Perfino la potentissima Volkswagen è in affanno. Il colosso dell’auto non esclude di chiudere delle fabbrica in Germania. Certo sarebbe un errore fatale accusare di neonazismo un terzo degli elettori della Turingia e della Sassonia (tra l’altro è andato alle urne il 70% degli aventi diritto).

Va ripensato tutto: politica europea, economica, sociale, industriale. Sarà un caso ma la Cdu e Sahra Wagenknecht, che hanno retto meglio all’assalto di Afd, hanno contestato i “rubinetti troppo aperti” sull’immigrazione e sul clima. Olaf Scholz comincia a muoversi. Lavora a un piano «per arrivare alla pace» in Ucraina (prevederebbe anche la cessione di territori a Vladimir Putin). Il cancelliere tedesco decide anche un più stretto controllo delle frontiere per impedire l’ingresso degli immigrati irregolari, dopo gli ultimi sanguinosi attentati dei terroristi islamici.