Le prime filosofe della storia compaiono nella scuola di Pitagora, a Crotone intorno al 530 a.C. Una trentina di ragazze affollavano la sua scuola grazie al pensiero pitagorico per cui la cultura, la scienza, la matematica e la filosofia erano patrimonio di tutti, donne comprese. Il filosofo Giamblico (251-325 d.C.), nella sua Vita pitagorica, scrive che «diciassette discepole facevano di Crotone un fiorentissimo vivaio di sapienza al femminile». Ma le pitagoriche (tra maritate, vergini e cortigiane) erano decine e decine, secondo Filocoro di Atene.
Era una scuola di tipo esoterico le cui conoscenze erano trasmesse solo agli iniziati. I pitagorici, maschi e femmine, erano esperti soprattutto in matematica e geometria, credevano nella metempsicosi, cioè nella migrazione dell’anima in altri corpi, avevano pratiche ascetiche, indossavano un abito particolare, avevano usanze e tabù suscettibili di sospetti. Per essere ammessi occorreva superare varie prove, tra cui quella del silenzio, fare voto di castità, essere vegetariani, astenersi dal mangiare le fave, considerate impure o forse per evitare il favismo, un’anomalia genetica che interessa alcuni enzimi contenuti nei globuli rossi.
Theano di Crotone, moglie o figlia di Pitagora, era colta in cosmologia, matematica, astronomia, fisiologia ed era un’esperta guaritrice. Moglie fedele e madre severa, nella lettera ad Eubula, a proposito dell’educazione della prole, la rimprovera di essere stata troppo indulgente con i figli. «Siano piuttosto i tuoi figli fin dai primi anni rigidamente allevati, sebbene ne venga loro qualche sensazione di dolore; non diventino servi delle loro passioni, ma ammirino quelle cose su tutte, in cui siano veramente riunite bellezza e bontà, ed apprendano ad acquistarsele, anche col sacrificio dei loro piaceri. Considera che da snervati giovanetti non uomini usciranno, ma schiavi; e perciò abituali ad austera disciplina, a sopportare fame e sete, gelo e ardore, e a contenersi modesti e gentili, non meno verso i compagni che verso i superiori, perché solo dall’essere stata in tali abiti esercitata si fa l’anima forte e virile». Quella a Eubula è una delle nove lettere a noi pervenute, di cui alcune apocrife, che chiariscono il suo pensiero filosofico.
In una delle lettere autentiche Theano spiega che il numero è il mezzo e non il fine per comprendere il cosmo. «Ho sentito dire che un gran numero di Greci credeva che Pitagora avesse detto che tutto nasceva dal numero. Ma questa affermazione ci lascia dubbiosi, in che modo è possibile che cose che non sono, generino. Egli ha detto non che tutto nasceva dal Numero, ma tutto era stato formato conformemente al Numero, poiché nel Numero risiede l’ordine essenziale, attraverso la comunicazione di questo ordine anche quelle cose che non possono essere numerate sono collocate come prime, seconde, così via».
Per Theano occorre tenere sempre presente il giusto mezzo, la medietà cioè tra gli estremi, e il concetto di limite per evitare errori, vivere in armonia col cosmo, non affannarsi per rincorrere falsi obiettivi, rispettare gli anziani e i genitori, cercare sempre di migliorarsi. Theano ebbe tre figlie, tutte filosofe, Myia, Arignote e Damo, che guidò la scuola dopo la morte di Pitagora; e due figli, Telauges e Mnesarchus.
Tra le più importanti donne pitagoriche, secondo Giamblico, è da annoverare Timica di Sparta, moglie del filosofo Millia di Crotone, attiva nel IV secolo a.C.
È ricordata soprattutto per il coraggio mostrato davanti al tiranno Dionisio di Siracusa. Costui aveva scatenato un attacco contro i pitagorici che, durante la fuga, si erano fermati davanti a un campo di fave e, per non attraversarlo, furono raggiunti e decimati. Timica, che era rimasta indietro, appesantita dalla gravidanza, fu fatta prigioniera. Per non svelare sotto tortura il motivo per cui i compagni non avevano calpestato le fave, si morse con forza la lingua fino a staccarla e la gettò ai piedi del tiranno.
L’apertura alle donne della Scuola di Pitagora rimarrà per secoli un fatto unico e irripetibile soprattutto per la concezione di Aristotele che riteneva l’uomo l’unico essere completo che può emergere nella società grazie alla sua intelligenza. «Nella relazione del maschio verso la femmina l’uno è per natura superiore, l’altra (inferiore) è comandata, ed è necessario che fra tutti gli uomini sia proprio in questo modo».
Il pensiero di Aristotele perdurerà nel tempo. La riscoperta dei suoi scritti nel Medioevo gravò sulla concezione della donna, ricomparvero ostilità e pregiudizi quasi fosse una figura demoniaca. Infatti secondo la filosofia greca adottata nel Cristianesimo, le donne venivano considerate inferiori agli uomini secondo natura.
Aristotele ha influenzato per secoli la storia nella scienza come nella società, costringendo le donne a ruoli subalterni e/o infamanti e rallentando il loro processo di emancipazione.
Fonti
Simonetta Tassinari, Il libro rosa della Filosofia, ed. Gribaudo, 1924
Le citazioni sono tratte da un articolo di Florindo di Monaco in https://vitaminevaganti.com/2021/09/11/32416/