Un piccolo libro di consigliabile lettura: Paura del registratore. Leonardo Sciascia e la stampa spagnola (Rubbettino editore). Alejandro Luque, scrittore, giornalista, traduttore, raccoglie e commenta le interviste che Sciascia ha rilasciato a quotidiani, riviste e televisioni spagnole.
Per esempio El Pais chiede un commento sulla candidatura, voluta da Marco Pannella, di Toni Negri, il leader di Autonomia, che viene eletto deputato e poi si rifugia in Francia sottraendosi alla giustizia italiana e al processo. «Non mi interessa la polemica su Negri né se debba o meno tornare in Italia», risponde Sciascia. «L’unica cosa che mi interessa davvero in tutta questa faccenda è che la Giustizia possa trattenere in prigione un uomo per quattro anni senza un processo. È ingiusto».
Ancora una volta Sciascia spiazza il suo interlocutore e forse il suo lettore: ci si aspetta che dica la sua sulla vicenda specifica; lui richiama l’attenzione non sull’unghia del dito sporco (la fuga di Negri), ma sulla luna che il dito indica: la questione della giustizia; di come pessimamente viene amministrata, le sue innumerevoli vittime; del fatto che una persona può essere rinchiusa per anni in carcere senza essere processata e condannata. E si era, allora, nel 1984.
Quarant’anni dopo, la situazione è per tanti versi persino peggiorata. Nel maggio scorso il ministro della Giustizia Carlo Nordio ci aveva invitato a pazientare, ad avere fiducia: nelle disastrate carceri italiane la situazione sarebbe migliorata; i primi frutti li si sarebbe già cominciati a cogliere a settembre. Vien da chiedere di quale anno; siamo alla fine di ottobre e in concreto nulla è mutato.
Intanto siamo arrivati a quota 75 per quel che riguarda i carcerati che si sono tolti la vita. Almeno sette gli agenti della polizia penitenziaria suicidi. Non sappiamo quanti sono i tentati suicidi che gli agenti sono riusciti a sventare all’ultimo minuto, ma certamente nell’ordine di centinaia. Non sappiamo quanti siano gli episodi di autolesionismo, ma certamente nell’ordine di migliaia. Non sappiamo quanti ingiustamente incarcerati per settimane e mesi; ma anche qui nell’ordine delle centinaia ogni anno.
Nel suo complesso, la classe politica di questo Paese mostra la più completa indifferenza. Il problema per loro semplicemente sembra non esistere. Non solo loro: silenziosi, omertosi verrebbe da dire, i professionisti del dibattito e della chiacchiera. Non un programma di cosiddetto approfondimento politico nelle televisioni, siano esse pubbliche o private. Non un Porta a porta, una Carta bianca, un Di Martedì, un Piazza pulita, un 8 e mezzo…
Ancora dal libretto citato all’inizio di questo articoletto; il quotidiano Informacion, chiede a Sciascia della speranza; risponde: «La speranza sta nel seguire la verità, nel vivere secondo ragione, nell’avere il coraggio di dire quello che alcuni non vogliono sapere».
Non resta che rimboccarsi le maniche: per la verità e la ragione sono tempi più che duri; pochi i coraggiosi che cercano di dire quello che tanti non vogliono sapere e soprattutto che si sappia.