Quando si parla di sport preferito dagli italiani si pensa subito al calcio, poi all’automobilismo, al tennis, al ciclismo e così via. Questi sono i primi pensieri, quelli che si generano togliendo il primo petalo del fiore della complessità della vita.
Ma se si segue l’insegnamento del Sommo Poeta e si aguzzano gli occhi e la mente, ci si rende conto che sono anche altri gli sport preferiti dagli italiani. Taluni edificanti e meritevoli di considerazione ed esempio, altri, invece, poco commendevoli e peró, purtroppo, antropologicamente tipici dell’italianità (e forse anche dell’umanità).
Uno di questi va visto al contrario ed è quello di scendere subito, già dal primo stridore di freni, dal treno del presunto perdente.
Infatti, se è vero che tanti fanno a gara per salire su quello del vincitore, altrettanti sono lestissimi a saltare in corsa da quello su cui hanno viaggiato fino a quel momento, magari anche in prima classe e facendo riposare le loro flaccide terga, parte a cui tengono più di ogni altra, su comode poltrone.
Questi, ben più dei primi, non meritano stima e rispetto perché sono dei presunti smemorati che di colpo, in realtà per mero calcolo personale, non esitano ad abbandonare la casa e i leali amici con i quali hanno condiviso sino a quel momento il viaggio della vita.
Mio nonno materno, che era un uomo assai saggio, mi ha insegnato che, per essere stimati e rispettati come uomini, bisogna stare al proprio posto “‘nto bonu e ‘nto malu” perchè “non chiovi tuttu u tempu” e quello che non è possibile fare oggi si farà domani, aggiungendo che chi fa il salto della quaglia non troverà calda accoglienza e tappetini vellutati per salire sul treno altrui, ma solo una gragnola di fulmini e saette.