Il Mozambico è sull’orlo della guerra civile. Due settimane di proteste con decine di migliaia di giovani in piazza e violenti scontri con la polizia che hanno già provocato una cinquantina di morti. A scatenare la rivolta popolare nel Paese africano, sono le accuse di brogli elettorali lanciate contro il partito di governo, il Frelimo, che sostiene di aver vinto le elezioni generali del 9 ottobre con il 70 per cento dei voti.
Ma i dati ufficiali, diffusi 15 giorni dopo la chiusura delle urne, sono stati subito contestati dall’opposizione e messi in dubbio sia dagli osservatori internazionali che dalle organizzazioni indipendenti. Secondo un conteggio fatto dall’opposizione, le elezioni sarebbero invece state vinte da Podemos e dal suo candidato presidente, Venâncio Mondlane. A questo punto il governo, nel tentativo di soffocare il diffondersi della protesta e prevenire le manifestazioni di piazza, ha bloccato gli accessi a Internet. Troppo tardi, perché Mondlane si era già rifugiato nel vicino Sudafrica e da qui ha continuato a lanciare appelli alla mobilitazione contro il governo. Appelli raccolti da migliaia e migliaia di giovani che sono scesi nelle strade delle principali città trasformando il dissenso politico in una rivolta.
Grande accusato il Frelimo, (Fronte di liberazione del Mozambico) al potere dal 1975, cioè da quando vinta la lotta contro il dominio coloniale portoghese e ottenuta l’indipendenza del Paese, divenne il partito guida della neonata Repubblica Popolare del Mozambico. Ruolo che, passato quasi mezzo secolo, vuole esercitare ancora, nonostante l’handicap di una progressiva perdita di legittimità agli occhi della popolazione. Di fronte a un Paese poverissimo ma ricchissimo di gas e di risorse naturali.
La sfiducia nei confronti del partito al potere è stata poi accresciuta da una lunga serie di casi di corruzione. Scandali che, uniti all’arricchimento delle élite legate al partito, hanno finito per alimentare quella disillusione che ora prende l’aspetto della rivolta popolare. Con proteste di piazza che adesso vanno oltre la denuncia dei brogli elettorali e coinvolgono un gran numero di giovani senza prospettive pronti a tutto.
Stando così le cose, il Mozambico si trova davanti a un bivio pericoloso. Da un lato il Frelimo, determinato a mantenere il potere attraverso la forza. Dall’altro il movimento di protesta guidato da Venâncio Mondlane, che cerca di canalizzare il malcontento popolare per rovesciare il governo.
Insomma, una situazione esplosiva, che investe un Paese africano grande come la Turchia e con oltre 30 milioni di abitanti, ma di cui l’Occidente non si occupa e preoccupa minimamente. Di conseguenza, sui nostri giornali il Mozambico non fa notizia nemmeno quando è sull’orlo della guerra civile. Il che – a ben guardare – mette però a nudo anche tante fragilità di casa nostra. Per esempio lo stato comatoso di un sistema mediatico che ha smesso di informare per adattarsi a fare da megafono e a spacciare pubblicità e propaganda politica come se fossero notizie. Ma siamo anche di fronte alla grande debolezza dell’Europa. Con l’Ue talmente concentrata sulla resa dei conti tra fazioni interne e presidenza della Commissione, da sembrare ormai incapace di guardare oltre il proprio ombelico.