«I nostri dubbi ci tradiscono, e impedendoci di affrontare la battaglia ci precludono sovente i dolci frutti della vittoria» (William Shakespeare).
A tutti capita di essere incerti se compiere o non compiere una certa azione, se fare o non fare una determinata scelta, se agire o stare fermi. Ciò è assolutamente umano e normale.
Ma quando la posta in gioco è molto alta, mentre il dubbio misurato è cosa buona e funge da stimolo efficace per soppesare ogni aspetto della quaestio ed evitare di sbagliare, le perplessità eccessive e le lungaggini decisionali possono impedire di cogliere l’attimo e di perseguire l’obiettivo prefissato (“carpe diem” insegnava il poeta latino Orazio). E quindi di non assaggiare il frutto della vittoria (cioè, concretizzando il simbolismo del drammaturgo inglese, il raggiungimento del risultato).
In questo caso non avrà colpa il “destino cinico e baro” ma l’inerzia, che se spinta sino all’eccesso diviene neghittosità.
La ricetta della scelta esatta e del tempo giusto non è universale ma personale e risiede in ogni uomo, ma certo, chi vive e pratica una via spirituale, è avvantaggiato nel momento della decisione: guardi al proprio cuore e saprà quando e cosa scegliere (o non scegliere) e quando e cosa fare (o non fare).