Il flop di Salvini azzoppa
l’autonomia differenziata

Matteo Salvini a Pontida con i leader dell’estrema destra europei

I flop della Lega ipotecano l’autonomia differenziata. Salvini incenerisce i voti nelle regionali in Umbria e in Emilia-Romagna. Il tracollo della Lega è da brividi: appena il 7,7% dei voti in Umbria dalla vetta stratosferica di quasi il 37% del risultato di cinque anni prima.

Batosta clamorosa anche in Emilia-Romagna: 5,27% dei consensi rispetto al 32% precedente. Il flop del Carroccio è stato un colpo micidiale per la coalizione di destra-centro: Fratelli d’Italia e Forza Italia non hanno recuperato i voti persi dal Capitano e le due regioni sono state conquistate dal centro-sinistra. Gli elettori o hanno votato per altri alleati di governo o si sono rifugiati nell’astensione.

Particolarmente pesante è la disfatta nella regione di San Francesco perché amministrata dalla governatrice leghista Donatella Tesei, fortemente sostenuta da Salvini. Ma gli elettori hanno bocciato sia la presidente della giunta (in particolare per la caduta della sanità pubblica) sia il segretario del Carroccio, vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture.

Autonomia differenziata, Matteo Salvini e Luca Zaia

Matteo Salvini e Luca Zaia

Adesso, ancora una volta, la Lega si interroga sulle sconfitte. Matteo Salvini, in un consiglio federale del partito molto teso, è prudente. Un comunicato stampa si limita a dire: «Chiare le sconfitte, chiaro il segnale di chi non è andato a votare». Tuttavia il Capitano non dice di chi e perché è la responsabilità del nuovo flop. Rimuove le disfatte. Il populismo, la rotta di Salvini sempre più verso l’estrema destra italiana ed europea in concorrenza con Giorgia Meloni non fa guadagnare voti ma invece ne fa perdere moltissimi. Spariscono soprattutto i consensi dei ceti produttivi, dei lavoratori autonomi, anche nelle roccaforti del nord Italia.

Sono in fermento i governatori Zaia (Veneto), Fontana (Lombardia), Fedriga (Friuli-Venezia-Giulia). L’anno prossimo si svolgeranno diverse importanti elezioni regionali, in testa quelle del Veneto. A Luca Zaia non piace il no di Salvini alla candidatura per il suo terzo mandato da governatore (in passato è stato eletto con il 70% dei voti). A giugno ha rifiutato l’invito “a passare in Europa” candidandosi nelle elezioni per l’Europarlamento.

Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini

Sarà un caso ma anche nel voto europeo di giugno è stato un bagno di sangue: appena il 9% dei voti contro il 34% della precedente consultazioni. La Lega ha perso una valanga di voti dappertutto compreso il Veneto, il bastione principale del partito. Salvini sembra intenzionato a candidare un altro leghista nel Veneto al posto di Zaia, ma non è detto che riesca a spuntarla con Meloni che vuole la candidatura per un esponente di Fratelli d’Italia. Il più forte partito della coalizione di destra-centro, è la lamentela della presidente del Consiglio, non ha nessun suo governatore nelle regioni dell’Italia settentrionale.

La partita può avere pesanti ripercussioni anche sulla stabilità del governo Meloni. Anzi, l’esecutivo balla già. Salvini e Antonio Tajani sono due vice presidenti del Consiglio in contrapposizione quasi su tutto: dalla riduzione del canone Rai (voluta dal primo e osteggiata dal secondo), dall’assalto di Unicredit al Banco Popolare di Milano (attaccato dal segretario leghista e considerato con distacco dal segretario di Forza Italia), fino all’autonomia differenziata per le regioni (vista con scetticismo dal centrista). Forza Italia, a sorpresa, ha superato il Carroccio nelle elezioni europee e nelle ultime regionali causando una levata di scudi interna contro il Capitano.

L’autonomia differenziata, riforma fortemente voluta dalla Lega, perde quota insieme con le sconfitte continue di Salvini. Le opposizioni propongono un referendum abrogativo. Ma se salterà l’autonomia differenziata difficilmente decollerà il premierato, la riforma costituzionale issata come una bandiera dalla presidente del Consiglio. Sarebbe la fine della “madre di tutte le riforme”, come l’ha definita Meloni.