E l’Alitalia? A che punto è la telenovela della compagnia aerea nazionale: prima pubblica, poi privata e adesso – dopo il terzo fallimento consecutivo – di nuovo sotto controllo pubblico?
Tutto rinviato all’anno che verrà. Prorogati i commissari liquidatori, che dovrebbero provvedere alla vendita, prorogata di altri sei mesi (giugno 2019) la restituzione del prestito ponte di 900 milioni (più gli interessi) concesso dallo Stato a maggio 2017, dopo la resa di Ethiad.
Se questa è la realtà, Luigi Di Maio, vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, ha un modo tutto suo di raccontare le cose, un modo che lo fa assomigliare al protagonista di “Sostiene Pereira”, il famoso romanzo di Antonio Tabucchi.
Sostiene Pereira-Di Maio che il “rilancio” di Alitalia procede secondo quanto previsto dalle tabelle di marcia. Le Ferrovie dello Stato, che proprio lui ha affidato al nuovo ad Gianfranco Battisti, a novembre si sono candidate all’acquisto della compagnia aerea con un’offerta vincolante. E adesso – aggiunge- “stanno studiando” il piano industriale in attesa che arrivino uno o due partner privati (Delta, Easyjet?).
Sostiene Pereira-Di Maio che presto arriveranno anche nuovi aerei, necessari per il lungo raggio. Verranno acquistati o presi in leasing con la garanzia della Cassa Depositi e Prestiti. Nel futuro dell’ex compagnia di bandiera Pereira-Di Maio non prevede l’impegno di fondi da parte dello Stato («i cittadini non devono tirare fuori un solo euro»). Naturalmente per il personale della compagnia aerea non ci saranno esuberi.
Sembra un racconto tratto da un libro di favole. Invece è quanto è emerso a metà dicembre nel corso dell’incontro del ministro dello Sviluppo economico con i sindacati. Quadro puntualmente confermato nelle ore successive. Di Maio ha anche rivendicato per il suo dicastero una quota di partecipazione attorno al 15% in modo che il Mef possa assumere la veste di controllore del consorzio di aziende coinvolte nel rilancio di Alitalia. Una sorta di golden share, in stile Air France, per bloccare ogni tentativo di svuotare la compagnia italiana.
Ma un piano così ambizioso costerebbe – secondo i sindacati – almeno due miliardi. Già! Ma chi ce li metterebbe tutti questi soldi? Non si sa. Lufthansa, come ha sempre detto e ripetuto, prenderebbe Alitalia solo dopo una profonda ristrutturazione con un bel taglio di personale. Quanto a Delta e EasyJet, che un certo interesse per la nostra compagnia aerea lo hanno più volte manifestato, non sembrano intenzionate a metterci soldi.
Ma Pereira-Di Maio, non sembra preoccupato per tutte queste difficoltà. Lui continua a sostenere che Alitalia risorgerà come compagnia nazionale di bandiera, con una grande integrazione “treno-aereo” e un rilancio del turismo nazionale. A questo punto, non resta che aggiungere: “W l’Italia!”.