Weimar un po’ fa pensare alla pericolosa crisi dell’Europa di oggi. Allora le spinte rivoluzionarie in Germania furono provocate dai traumi della sconfitta nella Prima guerra mondiale, adesso le rivolte populiste in Europa sono una conseguenza della globalizzazione economica. Weimar è il nome della città della Turingia nella quale fu firmata la prima Costituzione repubblicana tedesca: evoca primati e paure per la Germania e l’Europa. La democrazia di Weimar crollò sotto le spallate naziste. La sua storia è un monito per l’Europa: la libertà è un bene prezioso che va sempre difeso e riconquistato giorno per giorno.
La Repubblica di Weimar non durò nemmeno 15 anni: nacque alla fine del 1918 dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale della Germania del Kaiser Guglielmo II e morì all’inizio del 1933 con la conquista della cancelleria di Adolf Hitler, emulo di Benito Mussolini.
Dal 1918 fiorì la libertà e la democrazia. Deboli governi composti da socialdemocratici, cattolici moderati e liberali raggiunsero traguardi politici e sociali elevati come le elezioni a suffragio universale comprendente le donne e le tutele del lavoro. Cinema, teatro, poesia, letteratura, musica giunsero a vette di creatività artistica invidiabili. Emersero giganti come Bertolt Brecht, Otto Dix, George Grösz, Fritz Lang.
In una fase l’utopia di Weimar riuscì perfino a sconfiggere una spaventosa crisi economica che causò una gigantesca inflazione. Si stampò moneta senza soste per fronteggiare la crisi ma fu un disastro: alla fine servivano perfino miliardi di marchi per comprare pane e latte. Un po’ quello che sta accadendo in Venezuela in questi mesi.
La Repubblica di Weimar finì sotto l’attacco concentrico di tre nemici diversi: i rivoluzionari comunisti incantati dall’esempio sovietico, i nazionalisti di estrema destra e le grandi potenze occidentali vincitrici della Prima guerra mondiale con le loro enormi pretese dettate a Versailles alla Germania sconfitta. In una prima fase, insidiata da sanguinose rivolte e tentativi di colpi di Stato, Weimar riuscì a sconfiggere l’estrema sinistra e l’estrema destra e a raggiungere un accordo equilibrato con i paesi vincitori della Prima guerra mondiale (Patto di Locarno, 1925). Dal 1925 al 1929 ci furono quattro anni felici di forte ripresa economica.
Nel 1929 giunse però il collasso causato dai contraccolpi della crisi di Wall Street. La Grande depressione americana mise in ginocchio la Germania con il crollo del reddito nazionale, l’inabissamento della produzione industriale, l’esplosione della disoccupazione e dell’inflazione. Il ceto medio impoverito alla fine cedette alle lusinghe e alle promesse di rivalsa del nazionalsocialismo e si aprì il tunnel terribile delle sofferenze e degli orrori della feroce dittatura hitleriana. Per un periodo in Europa restò in piedi solo il Regno Unito di Winston Churchill a contrapporsi alla barbarie nazista.
L’Utopia di Weimar racconta quegli anni con una serie di lungometraggi e documentari dall’8 al 31 marzo. La Casa del Cinema di Roma, in collaborazione con Sky e Raiteche, organizza la mostra (tutte le proiezioni sono a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti). L’evento più atteso del programma, sottolinea un comunicato stampa, è il ritorno di una delle serie tv europee più amate dal pubblico e apprezzate dalla critica degli ultimi anni: Babylon Berlin, ideata dal grande regista (e qui anche produttore) Tom Tykwer a partire dai romanzi del cinquantenne astro del poliziesco Volker Kutscher e ambientata in quel crogiolo di passioni, drammi, scandali e follie che fu la breve stagione della democrazia tedesca prima dell’avvento del nazismo.