Un arcipelago di nove isole tra l’Europa e l’America, una piattaforma di seicento chilometri in mezzo all’Oceano Atlantico. Ecco le Azzorre, 250 mila abitanti, Regione autonoma del Portogallo, e – come tale – ultimo lembo della Ue dove domenica 26 maggio si vota per eleggere il nuovo Parlamento.
Vista da qui, la crisi delle istituzioni europee assume proporzioni impressionanti. La stragrande maggioranza della popolazione è euroscettica, ma la disaffezione non trova rappresentanza in un partito populista. Gli azzorriani esprimono la loro ostilità nei confronti di Bruxelles semplicemente ignorandola. E così non vanno a votare: alle ultime europee (2014), si è astenuto l’80 per cento degli aventi diritto al voto. Il record dell’Unione.
Ora, siccome il 26 maggio potrebbe andare ancora peggio, le autorità politiche di San Miguel, la maggiore isola dell’arcipelago (170 mila abitanti) hanno riempito il lungomare di cartelli per invitare i cittadini al voto. Con lo slogan “Votare adesso è più facile” e sotto il numero verde da chiamare per conoscere il proprio seggio elettorale.
La cosa incredibile è che le Azzorre, dopo decenni di emigrazione, sono uscite dalla loro miseria secolare grazie ai finanziamenti europei. Milioni di euro che dall’ingresso del Portogallo nell’Ue (1986) ad oggi hanno consentito all’arcipelago di meccanizzare l’agricoltura e mettere in piedi una moderna industria turistica, oggi i due settori che danno da vivere alla maggior parte della popolazione.
Non tutti sanno che quest’arcipelago all’estremo confine dell’Unione fino ad oggi è stata una delle aree che hanno maggiormente beneficiato degli aiuti comunitari. Perché le Azzorre fanno parte delle “Regioni Periferiche e Marittime”, CRPM nel linguaggio burocratico di Bruxelles, che tradotto in parole povere, significa regime speciale (anche fiscale) e grandi finanziamenti a fondo perduto. Solo negli ultimi sei anni (fino al 2020) gli azzorriani hanno avuto accesso a un “bancomat” di circa un miliardo e mezzo di euro, danaro che è stato in buona parte destinato a investimenti pubblici.
Non è quindi un caso se l’arcipelago, negli ultimi vent’anni, è riuscito a dotarsi d’infrastrutture e di un’efficiente rete stradale che hanno favorito lo sviluppo d’un turismo di qualità attirato dalla natura magnifica. Ma anche la perfetta manutenzione di ettari ed ettari di parchi, come la costruzione di un moderno sistema ricettivo avrebbero avuto costi proibitivi e, quindi, non sarebbero stati possibili senza l’intervento degli aiuti comunitari.
Se le cose stanno così, capire le ragioni degli azzorriani che disertano le urne e non mandano nemmeno un loro rappresentante all’Europarlamento, quando potrebbero averne due, non sono facili da capire. Ci ha provato l’Università delle Azzorre che ha appena pubblicato uno studio, con una ricerca sull’argomento. Ne emerge che «si tratta della Regione con l’astensionismo elettorale più alto del Portogallo», un fenomeno che si è ripetuto in tutti i tipi di elezioni dal 1975 al 2017, e che altrettanto puntualmente «si accentua alle europee». Un fenomeno che secondo i ricercatori ha molte spiegazioni: gli errori della politica locale e portoghese, senza dimenticare quelli degli eurocrati di Bruxelles che, visti da qui, a volte assomigliano ai marziani…
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