Il vento del successo sta cambiando per Salvini. Frana l’alleanza sovranista. La Lega ha trionfato nelle elezioni per il Parlamento europeo del 26 maggio col 34% dei voti, ma il dopo urne sta riservando solo amarezze.
La partita delle nomine è un rosario di delusioni per il segretario del Carroccio, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno. Ursula von der Leyen, popolare tedesca, è destinata a diventare presidente della Commissione europea. La francese Christine Lagarde, centrodestra, è in attesa di sostituire Mario Draghi come presidente della Bce (Banca centrale europea). Charles Michel, liberale belga, è in pista come presidente del Consiglio europeo. Per il socialista spagnolo Josep Borrel è scattato il conto alla rovescia per sostituire Federica Mogherini come Alto rappresentante Ue per la politica estera.
L’Italia perde posizioni di vertice importanti rispetto al passato e incassa un solo successo: David Sassoli, Pd, è stato eletto presidente del Parlamento europeo. Ma è una vittoria relativa perché Sassoli va al posto di Antonio Tajani, un altro italiano, e il mandato è solo per metà legislatura.
È invece una disfatta per la Lega e i sovranisti europei. Salvini per primo ha riconosciuto la sconfitta: «Vergognoso, vergognoso…La Lega vince le elezioni e il presidente del Parlamento è uno del Pd». Non solo. «Ci sono le vicepresidenze. E qui, invece che uno della Lega, tutti d’amore e d’accordo nell’eleggere un grillino». Già perché Fabio Massimo Castaldo, M5S, è stato confermato come vice presidente del Parlamento europeo, un posto ambito dalla leghista Mara Bizzotto. In questo caso la sconfitta di Salvini è ancora più bruciante perché i cinquestelle, alleati di governo battuti alle europee col 17% dei voti, hanno soffiato al Carroccio anche il secondo podio dell’Europarlamento. Forse lo scontro continuo tra Salvini e Di Maio ha influito sulla rottura per la vice presidenza del Parlamento europeo.
Ha ceduto la strategia dell’alleanza sovranista di Salvini. Ha fatto cilecca sia l’intesa con i paesi del Patto di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) sia quella con la francese Marine Le Pen e con il britannico Nigel Farage. I partiti europeisti (popolari, socialisti, liberali, verdi) hanno fatto valere contro le forze euroscettiche la maggioranza dei voti raccolti nelle elezioni europee.
Eppure Matteo Salvini dopo le europee era entusiasta. In una conferenza stampa baciò un piccolo Crocifisso («Ringrazio chi c’è lassù») e annunciò «una Europa che cambia. Che si è stufata delle élite, delle multinazionali».
Il naufragio nella battaglia per le nomine europee, però, non si spiega solo con i numeri, con la maggioranza dei voti conquistati dai partiti europeisti nelle elezioni per l’Europarlamento. C’è anche un problema politico con il quale fare i conti: i patti tra sovranisti hanno le gambe gracili perché davanti all’interesse nazionale dei singoli paesi si sfalda ogni tipo di solidarietà. Salvini, del resto, l’ha constatato molte volte a sue spese sia sui migranti sia sui malandati conti pubblici italiani. I partiti sovranisti al governo nelle nazioni del Patto di Visegrad sono stati tra i più duri censori dell’Italia sia sulla redistribuzione dei migranti sia sulla riduzione del debito pubblico. Con buona pace degli impegni per le battaglie populiste comuni.