Instabilità. La Repubblica Federale di Germania può perdere il suo bene più prezioso e ambito: la stabilità, per decenni il simbolo stesso dell’identità nazionale teutonica. Sulla ricca Germania incombe l’instabilità totale: economica e politica.
I tremori che hanno colpito a giugno e luglio in più occasioni Angela Merkel sembrano avere un significato simbolico della debolezza del gigante tedesco. La cancelliera ha faticato in diverse occasioni pubbliche a dominare i tremori che l’hanno scossa con insistenza. Angela Merkel, 65 anni, senza rilevare le cause dei suoi malori, ha sdrammatizzato sullo stato della sua salute: «Si invecchia, ma al tempo stesso si acquisisce esperienza».
La cancelliera tedesca accusa dei tremori singolari mentre l’economia perde colpi: cala la produzione industriale e per la prima volta scende anche il reddito nazionale: il Pil (Prodotto interno lordo) nel secondo trimestre di quest’anno è diminuito dello 0,1% rispetto a quello precedente.
È un brutto shock per la potente Germania, la più importante economia europea. E le ripercussioni possono essere pesanti per tutta la Ue, in testa l’Italia (ha una industria molto legata a quella tedesca).
Già due anni fa erano emersi i primi segnali preoccupanti. Poi nell’ultimo anno la guerra dei dazi scatenata da Donald Trump contro la concorrenza della Cina è divampata, penalizzando fortemente le esportazioni tedesche, il vero motore del sistema produttivo. Il presidente degli Usa sta demolendo tutti gli accordi multinazionali per sostituirli con intese bilaterali più favorevoli a Washington. Non solo. Ha minacciato di allargare le tasse sulle importazioni americane anche ai prodotti dell’Unione europea, in testa quelli di Berlino. Trump sta attuando la sua dottrina dell’”America first” non curandosi dei danni causati anche ai tradizionali alleati come la Germania. L’uscita del Regno Unito dalla Ue (incoraggiata da Trump), tanto più se disordinata, senza accordo, crea altre incertezze, altri danni.
Si cerca una strategia alternativa. In molti, in particolare i socialdemocratici, invocano un radicale cambiamento della politica economica con un aumento della spesa sociale, dei consumi e degli investimenti pubblici per fronteggiare la debolezza dell’economia. Tuttavia la cancelliera, per ora, resta irremovibile sulla trincea del rigore finanziario: «Restiamo fedeli all’obiettivo del pareggio di bilancio».
È in affanno anche il tradizionale sistema politico di Berlino. L’Unione Cristiano democratica (Cdu-Csu) e i socialdemocratici (Spd) stanno perdendo una valanga di consensi. La Spd, in particolare, è in picchiata: il 40% dei voti vantati un tempo dal partito di Brandt e Schmidt è solo un lontano ricordo. I socialdemocratici stanno pagando pesantemente il prezzo della grande coalizione con i democristiani: nelle elezioni politiche, guidati da Martin Schulz, sono sprofondati al 20,5% dei voti. Nelle elezioni europee di maggio si sono inabissati al 15,80% e i sondaggi adesso li danno ad appena il 12%. Hanno avuto un boom, invece, i verdi (Grunen) schizzati al 20,50% dei voti e l’estrema destra (Alternative fur Deutschland) all’11%. Gli ambientalisti hanno sottratto voti alla Spd mentre i nazionalisti sovranisti li hanno rosicchiati alla Cdu-Csu.
La tempesta finale sulla stabilità tedesca può arrivare in autunno. A settembre si voterà in Sassonia e in Brandeburgo, mentre ad ottobre andrà alle urne la Turingia. In tutti e tre gli stati dell’est, un tempo il cuore della Germania comunista, sta andando fortissimo l’Afd, i sondaggi gli danno il 20-25% dei voti. Potrebbero andare al governo dei lander orientali alleandosi con i democristiani, quello che è già successo tempo fa in Austria a livello nazionale.
La paura dell’immigrazione dal Medio Oriente, la riduzione delle garanzie dello stato sociale, la crisi economica (consistente nell’est) ha portato grandi consensi all’estrema destra. Il declino politico di Angela Merkel, cancelliera da quasi 14 anni, e l’assenza di un credibile successore mettono paura alla Germania. Annegret Kramp-Karrenbauer, eletta presidente della Cdu lo scorso dicembre al posto della Merkel, non brilla. Nelle elezioni europee i democristiani tedeschi sono calati al 28,90% perdendo una valanga di voti. Un nuovo “muro” potrebbe dividere la Repubblica federale: i territori ad ovest egemonizzati dalla Cdu-Csu e dai Grunen e quelli ad est dalla Afd. Una ipotesi che mette paura ai partiti storici della Germania e a quelli europeisti dell’Unione europea.