Il governo porta male ai cinquestelle. Il M5S quando era all’opposizione anti sistema trionfò con il 32% dei voti nelle elezioni politiche del 2018. Al governo ha visto solo drammatici tonfi: 17% nelle europee di maggio 2019, tante sconfitte nelle amministrative dell’ultimo anno fino al 7% nelle regionali in Umbria. Appena il 16% nei sondaggi elettorali a livello nazionale.
Il M5S trema e ribolle contro Luigi Di Maio, il capo politico e ministro degli Esteri accusato delle continue disfatte. Le accuse dei grillini ambientalisti è di aver tramutato i tanti no scanditi dall’opposizione (come all’alta velocità Tav e al metanodotto Tap) in altrettanti sì pronunciati una volta andati al governo. Adesso anche l’ennesimo no opposto allo scudo penale per l’ex Ilva (dopo il sì assicurato all’ArcelorMittal acquirente del centro siderurgico) potrebbe trasformarsi di nuovo in un assenso per evitare il rischio della chiusura della più grande acciaieria d’Europa.
È un caos nel quale sta affondando Di Maio, il M5S e il Conte due. Per scongiurare il crollo è intervenuto di nuovo Beppe Grillo. È venuto a Roma e ha incontrato e puntellato Di Maio. In un video diffuso su Facebook ha promesso un miracolo perché «è nel caos che vengono fuori le belle idee».
La parola d’ordine per il futuro è «riprogettarci». Ha respinto ogni velleità di un ritorno all’intesa con la Lega e ha confermata la bontà dell’alleanza di governo con i democratici da rinnovare per «progetti alti». Forse pensando anche al travolgente successo del movimento delle “sardine” ha indicato la strada da seguire: «Facciamo da tramite tra una destra che arriva un po’ pericolosetta e una sinistra che si deve formare». Alt infine al continuo scontro interno sollecitato con parole piuttosto ruvide: «Non continuiamo a fare messaggi Facebook uno contro l’altro. Il capo politico è lui, Di Maio, io gli starò più vicino, quindi non rompete i coglioni, fatemi la cortesia, sennò ci rimettiamo tutti».
Già, il garante dei cinquestelle non cambia in corsa il capo politico: Di Maio l’ha voluto lui sul ponte di comando, qualche volta l’ha lodato e qualche volta l’ha criticato ma non può permettersi di sostituirlo o di delegittimarlo: la conseguenza sarebbe la caduta del governo Conte due da lui fortemente voluto e le elezioni politiche anticipate con un probabile bagno di sangue per il M5S. Così ha spinto per «un nuovo contratto di governo» con Zingaretti su temi centrali come clima, salario minimo, reddito universale, intelligenza artificiale, energia, infrastrutture.
Dal governo dei no vuole passare al governo dei sì, dal governo degli scontri interni al governo delle riforme strutturali. Vuole una alleanza strategica con il Pd mettendo da parte i feroci contrasti di anni. Vuole portare a casa dei successi importanti per bloccare la marcia trionfale della Lega, arrivata al 34% dei voti nelle elezioni europee e quotata al 32% nei sondaggi. Un miracolo annunciato e difficile per i cinquestelle sconfitti, divisi e sfiduciati. Dal colloquio tra Grillo e Di Maio ufficialmente sono emersi solo sorrisi e convergenze. Il capo traballante dei cinquestelle ha commentato: «Con Grillo sono d’accordo su tutto».