Iran, Iraq, Siria, Libia. Petrolio. Addio Nato. La Russia e la Turchia sono avversari storici, ma l’incontro Putin-Erdogan a Istanbul conferma il pragmatismo dei due leader dal pugno di ferro: alla fine trovano una intesa, dal Medio Oriente alla Libia. A farne le spese sono gli Usa e i paesi europei, gli alleati della Nato. Mosca e Ankara hanno grandi ambizioni egemoniche dai deserti arabi all’Africa. Così dallo scontro cercano sempre di arrivare a un accordo.
Il punto più basso dei rapporti bilaterali fu raggiunto nel novembre 2015: due F16 turchi abbatterono un caccia Sukhoi 24 dell’aviazione russa al confine con la Siria. Fu sfiorata la guerra ma non scoppiò.
Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan entrarono in sintonia fino trovare un’intesa: le truppe di Mosca restarono in Siria per difendere Bashar al-Assad, quelle turche alla fine sconfinarono per “ripulire” il confine con Damasco dagli insorti curdi. Sia Putin sia Erdogan ufficialmente proclamarono l’intesa diretta a sconfiggere il terrorismo islamico dell’Isis, in realtà battuto dagli Usa e dai loro alleati (in testa i curdi poi mollati da Donald Trump).
Il presidente russo e turco con realismo misero da parte i contrasti per dividersi la Siria. Il “sultano” accantonò perfino l’ostilità verso il filo iraniano Bashar al-Assad, sostenuto dai russi, lo “zar” mise da parte il “crimine” del caccia Sukhoi 24 abbattuto.
Iran, Iraq, Siria, Libia. Petrolio, nuovi equilibri mondiali. L’incontro Putin-Erdogan a Istanbul di mercoledì 8 gennaio sta replicando per la Libia lo spartito della Siria: allargare la loro influenza al centro del Mediterraneo, spartirsi di fatto l’egemonia sul paese nord africano a poche centinaia di chilometri dall’Italia. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha annunciato due importanti convergenze: 1) Putin e Erdogan hanno definito «illegali» gli attacchi sferrati da Donald Trump all’Iran in territorio iracheno, 2) hanno chiesto ai belligeranti libici Khalifa Haftar e Fayez al Sarraj «una tregua da mezzanotte fino a domenica».
Erdogan, importante tassello orientale della Nato, ancora una volta non ha esitato a sganciarsi dagli alleati Usa ed europei per accordarsi con Putin, l’avversario di un tempo. Il presidente turco di fatto mette in discussione la Nato in Libia come già aveva fatto in Medio Oriente. Forse è affascinato dal sogno di ripristinare i fasti dell’Impero Ottomano, un po’ come Putin per l’Impero Russo.
La Russia in Libia appoggia il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, mentre la Turchia sostiene Fayez al Sarraj, il premier libico di accordo nazionale riconosciuto dall’Onu. Haftar da aprile ha sferrato un duro attacco occupando buona parte della Libia, assediando e bombardando Tripoli e Sirte. Ankara ha addirittura deciso di inviare delle truppe accettate da Sarraj per fermare «l’aggressore» mentre l’Italia e gli altri paesi europei non hanno offerto aiuto, ha detto al Corriere della Sera.
L’Italia e i paesi europei, in passato divisi, hanno combinato poco o nulla anche per l’indebolimento dell’asse franco-tedesco. Le conferenze sulla pace per la Libia organizzate negli anni scorsi dall’Italia a Palermo e dalla Francia a Parigi sono state un fallimento. L’altro giorno, in un vertice di emergenza a Bruxelles, hanno chiesto un immediato «cessate il fuoco, uno stop all’escalation e alle interferenze esterne» in modo di arrivare a un accordo sulla pace nella progettata conferenza di Berlino.
Giuseppe Conte ha tentato di riprendere l’iniziativa. Il presidente del Consiglio ha tentato una nuova mediazione di pace finita male. Mercoledì 8 gennaio, lo stesso giorno dell’incontro Putin-Erdogan, ha visto a Palazzo Chigi Haftar, con il quale ha avuto un lungo colloquio. Ma è saltato l’incontro con al Sarraj. Il primo ministro libico sembra che abbia cancellato l’appuntamento perché irritato dalla presenza dell’antagonista Haftar. Un brutto colpo per l’Italia, l’Europa, la Nato. Eppure la Turchia fino a qualche anno fa era un baluardo della Nato e una convinta candidata per aderire all’Unione europea.