La trattativa sugli esuberi Alitalia va avanti tra alti e bassi. Più bassi che alti, tanto che allo stato delle cose sembra improbabile una chiusura prima di Pasqua, cioè entro la data del 13 aprile indicata come limite massimo dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.
Prima di sedersi al tavolo del negoziato, il titolare dei Trasporti, Graziano Delrio, ha voluto incontrare Luca Cordero di Montezemolo, presidente appena dimessosi da Alitalia. Perché è stato proprio Montezemolo a favorire tre anni fa l’ingresso di Etihad con una quota di controllo del 49 per cento. Poco dopo, il governo ha mostrato le carte e ha fatto la sua offerta: quattro anni di ammortizzatori sociali tra Cassa integrazione e Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego. Per 1388 lavoratori, sugli oltre duemila esuberi chiesti dall’azienda, che ha bisogno di due miliardi entro fine mese per evitare il commissariamento.
L’ipotesi prevede anche l’integrazione del Fondo speciale di solidarietà per il trasporto aereo, fondo già utilizzato in precedenti occasioni: all’epoca del fallimento della compagnia di bandiera controllata dallo Stato, e poi per evitare che a fallire fossero gli “imprenditori privati” della berlusconiana “cordata patriottica”. Adesso tocca a un altro “privato”, uno degli uomini più ricchi del mondo, l’emiro di Abu Dhabi, il padrone di Etihad che controlla Alitalia.
Sono passati appena tre anni da quando a Roma tirarono un sospiro di sollievo, perché Luca di Montezemolo era riuscito a convincere l’emiro a prendersi la nostra compagnia aerea dopo anni e anni di bilanci in profondo rosso, ripianati con denaro pubblico. Finalmente, si disse allora, arriva chi ha risorse finanziarie illimitate e anche manageriali per rilanciare Alitalia.
Non è stato così. Etihad promise di investire sul lungo raggio, quello che rende di più, ma alla fine non lo ha fatto. E ha pure inanellato una lunga serie di errori che il ministro Calenda ha voluto sottolineare quando sono stati chiesti gli esuberi. Poteva permetterselo il rappresentante del governo, perché adesso anche Etihad vuole toccare il Fondo speciale, alimentato con 3 euro di “tassa” che ogni passeggero in partenza da uno scalo italiano paga all’acquisto del suo biglietto aereo.
Adesso, per dare una mano all’emiro, il Fondo dovrebbe essere nuovamente ritoccato. Anche se rappresenta, come ha sottolineato un anno fa l’Inps, una vera e propria anomalia. Si tratta dell’unico fondo di solidarietà a non essere finanziato solo dalle categorie interessate ma “dalla collettività con un contributo”. Che poi è un “contributo” per modo di dire. Infatti, sui 235 milioni di euro raccolti in un anno, solo cinque derivano da contributi delle aziende e dei lavoratori. I restanti 230 arrivano dai 3 euro della tassa sui biglietti aerei.