A settembre assicurava: «Il governo può stare tranquillo, l’abbiamo fatto noi. Noi abbiamo mandato a casa Salvini». Adesso Renzi, invece, ha avviato la pre crisi di governo. Sono passati appena cinque mesi dalle parole rassicuranti del leader di Italia Viva e dal varo del governo Conte due, l’esecutivo con il M5S, fortemente voluto proprio da lui.
Le critiche sono cominciate quasi subito. A Giuseppe Conte rimproverava di aver destinato nella manovra economica 2020 «solo spiccioli» al taglio delle tasse ai lavoratori. Con il presidente del Consiglio rincarava attaccando l’aumento delle imposte (poi in parte rientrato) sulla plastica non riciclabile, sulle auto aziendali e sulle bevande zuccherate per subalternità alla politica populista di Luigi Di Maio.
Poi, nelle ultime settimane, è esploso un duro scontro con il ministro della Giustizia Bonafede, capodelegazione cinquestelle al governo dopo le dimissioni di Di Maio da capo del Movimento, per l’allungamento della prescrizione nei processi che rende i cittadini «imputati a vita». Pd e Leu hanno trovato una mediazione sulla prescrizione con il M5S tramite lunghe trattative guidate da Conte, ma Renzi ha respinto l’intesa.
Lo scontro è diventato sempre più infuocato. Italia Viva si è allontanata dal governo: ha minacciato la sfiducia al ministro Bonafede; al Senato ha votato con l’opposizione di centro-destra sulla prescrizione e sulle intercettazioni; alla Camera ha fatto lo stesso sulle concessioni autostradali. Poi è arrivato il giorno della tempesta, della pre crisi: giovedì 13 febbraio le ministre renziane Teresa Bellanova e Elena Bonetti non sono andate al Consiglio dei ministri per marcare il dissenso sulla riforma della prescrizione.
Conte non l’ha presa bene: «È surreale e paradossale» che «il maggior partito di opposizione sia nella maggioranza». Ha dichiarato inaccettabile «una opposizione aggressiva e maleducata» da parte di un partito della maggioranza. Ha difeso Bonafede e ha chiesto «un chiarimento».
Renzi ha risposto con un ultimatum: ha intimato a Bonafede (definito «l’ex dj») di cambiare la prescrizione entro due mesi «altrimenti ci vediamo in Senato» (qui potrebbe votare un emendamento alla proposta di legge del forzista Enrico Costa).
L’ex segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio ha sfidato Conte: «La palla tocca a te. Se vuoi aprire la crisi o staccare la spina fallo, noi non chiediamo questo». Lo ha anche sfidato a cambiare maggioranza tanto «sai come si fa». Il riferimento è ai giri di valzer del presidente del Consiglio: prima c’è stato il Conte uno (cinquestelle-leghisti) e poi il Conte due (M5S-Pd-Italia Viva-Leu). Zingaretti non si è salvato dagli attacchi. Per Renzi va a rimorchio del «giustizialismo» dei grillini.
C’è la pre crisi ma non la crisi. Il segretario del Pd ha avvertito: «Se finisce il governo, finisce la legislatura e si vota». Subito alle urne, è quello che reclama Salvini da agosto, da quando ha fatto cadere il governo Conte uno, per mietere una valanga di voti alle elezioni politiche anticipate. Un sondaggio elettorale commissionato da La7 assegna ben il 32% dei voti alla Lega (e la vittoria al centro-destra), lo sbriciolamento del M5S al 15%, la tenuta del Pd al 20% e appena il 4,3% a Italia Viva. Renzi deve marcare le differenze, si deve far sentire se non vuole scomparire.
Votare, però, conviene solo a Salvini. Ma c’è chi pensa anche ad una nuova maggioranza per Conte: dei parlamentari “responsabili” potrebbero arrivare dalle file di Forza Italia (in caduta di consensi) e dai dissidenti ex grillini (tipo il già ministro dell’Istruzione Fioramonti dimessosi a fine dicembre).