”Buon Primo Maggio!”. Sembra incredibile, ma a sinistra (o meglio tra le tante sinistre diverse) ancora resiste il mito del Primo Maggio, la Festa dei lavoratori. Lavoratori vecchi e giovani, pur scossi da mille crisi economiche e politiche, si salutano ancora così alla vigilia e nel giorno della festa dei lavoratori.
È un appuntamento importante ed antico. La Festa del Primo Maggio, come ha ricordato un articolo di Nunzio Dell’Erba pubblicato dall’Avantionline, nacque nel lontano luglio del 1889 su proposta del congresso costitutivo della II Internazionale a Parigi. L’iniziativa ebbe subito un successo clamoroso in tutta Europa; in particolare in Francia, Gran Bretagna, Germania, i paesi al centro della rivoluzione industriale. La bandiera del Primo Maggio sventolò anche in Italia, soprattutto dalla fondazione del Partito socialista nell’agosto del 1892.
Battaglie sindacali e politiche si sommarono avendo per simbolo il Primo Maggio: orario di lavoro ridotto a 8 ore al giorno, diritto di sciopero, riconoscimento dei sindacati, l tutela del lavoro minorile e delle donne, prestazioni assistenziali e contro gli infortuni, libertà di associazione, suffragio universale. Era il cosiddetto “Programma minimo”, la battaglia lanciata dal Psi tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. Filippo Turati fu lo stratega riformista di questa lotta di progresso, di uguaglianza sociale e di civiltà. Filippo Turati scriveva su ‘Critica Sociale’ il primo maggio 1904: il socialismo riformista deve operare una lenta erosione della “roccia” su cui poggia “il dominio borghese” attraverso la riappropriazione di quanto il capitalismo sottrae ai lavoratori “in termini di libertà e benessere”.
La spuntò, almeno in quel momento storico, sia sugli imprenditori reazionari sia sui socialisti rivoluzionari. Non fu facile. L’esercito e la polizia non sparavano più sulla folla dei manifestanti come nel 1898, ma erano anni di duri scontri sociali nelle fabbriche italiane, con i primi scioperi generali e la nascita prima delle Camere del lavoro e poi della Cgl, antenata della Cgil. Tuttavia l’era giolittiana, del dialogo sociale e politico, vinse sulle spinte rivoluzionarie (a sinistra) e su quelle reazionarie (a destra). Il presidente del Consiglio liberale Giovanni Giolitti puntò sul confronto con i socialisti e i cattolici, le due forze di massa dell’Italia di allora, aprendo la strada a una stagione di progresso e di libertà: arrivò una legislazione di tutele del lavoro e il suffragio universale, anche se limitato solo al voto maschile, lasciando ancora fuori della porta le donne.
La fiaccola del Primo Maggio, spenta dalla dittatura fascista, poi si riaccese con l’avvento della Repubblica e della democrazia dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La bandiera della Festa dei lavoratori restò alta con la forte presenza in Italia della sinistra, Pci e Psi, anche in momenti difficili come “l’Autunno caldo” e “la Strategia della tensione” (1969) e il terrorismo delle Brigate rosse (anni a cavallo del 1970-1980).
La crisi (politica, elettorale, sociale) della sinistra e la sua frammentazione in tanti pezzi diversi ha indebolito i sindacati e il movimento dei lavoratori. La globalizzazione e la Grande crisi economica internazionale hanno fatto il resto: fabbriche chiuse, disoccupazione, lavoro precario. Però il Primo Maggio, anche se depotenziato, resta un punto di riferimento, una bandiera da tenere alta. Negli ultimi trent’anni ai classici comizi dei sindacati si è affiancata l’iniziativa del Concertone organizzato da Cgil-Cisl-Uil a piazza San Giovanni a Roma. Dal 1990 il Concertone attrae migliaia di giovani, di lavoratori e di cittadini per una lunga maratona musicale dalle 15 a mezzanotte. E questa volta il Concertone avviene in un clima di tensione, la città è “blindata” dalle forze di polizia e dell’esercito nel timore di possibili attentati dei terroristi islamici.
Quest’anno niente comizi separati dei sindacati. Cgil-Cisl-Uil insieme sono a Portella della Ginestra per commemorare i 70 anni della strage perpetrata dalla mafia in Sicilia, su pressione di settori dei latifondisti della regione, il Primo Maggio del 1947 durante una manifestazione sindacale.
Oggi c’è da fare i conti con problemi simili e molto diversi rispetto ad allora. Ma anche adesso il lavoro e la sua dignità sono attaccati da un capitalismo divenuto più aggressivo per la concorrenza scatenata dalla globalizzazione economica e per la debolezza strutturale di una sinistra divisa in cento pezzi diversi.
R.Ru.