Dopo un derby perduto malamente, la Roma ritrova la vittoria strapazzando il Milan nel suo stadio con una doppietta di Dzeko e gol di El Shaarawy e di Derossi (su rigore). Una prova convincente di tutti ed in particolare di Dzeco e di Emerson Palmieri, per l’occasione spostato a destra in mancanza dello squalificato Rüdiger.
Applausi da parte dei tifosi milanisti a Francesco Totti ogni volta che si è alzato dalla panchina per scaldarsi (senza mai entrare in campo) o mentre rientrava negli spogliatoi, nonostante la squadra milanese stesse perdendo in casa con i giallorossi. Un segno di sportività che fa bene al calcio.
Tutto bene quindi? No, per i poveri tifosi giallorossi non c’è un attimo di pace, non possono godere neanche un minuto dopo una vittoria così netta.
La serata finisce male nel dopo partita. L’allenatore della Roma Spalletti come ogni fine partita viene intervistato da Sky. Durante l’attesa in studio Caressa e compagni stavano parlottando del mancato ingresso di Totti in campo, neanche sul 3 a 1. In quel momento entra in collegamento Spalletti e senza nessuna domanda esordisce con una frase che nessun tesserato della Roma dovrebbe dire né pensare: «Tornassi indietro non tornerei ad allenare la Roma».
Un allenatore che all’arrivo a Roma, dichiarava: «Sono qui per completare l’opera iniziata anni fa», «Io mi sento parte del progetto Roma», «Smettiamola di dire che a Roma non si può giocare, che è un ambiente difficile….». Adesso invece dichiara: «È stato un errore tornare, se faccio giocare Totti 5 minuti vengo insultato, se non lo faccio entrare vengo insultato…. Ditemi voi che devo fare».
Si capiscono le difficoltà di gestire la fine della carriera di un idolo come Totti ed il peso di essere al centro di critiche per gli obiettivi mancati, ma è possibile che un dirigente di una squadra dichiari una cosa del genere come se stesse spiegando una tattica di gioco? La comunicazione di una grande squadra è un valore e deve essere tutelata.
La società dovrebbe prendere provvedimenti per questo comportamento. Ma è la società la prima responsabile per non aver definito, con Francesco Totti, come doveva essere gestita la sua ultima stagione.
Spalletti è sicuramente un grande tecnico e un maestro di calcio. Lo dimostrano i progressi fatti da Emerson Palmieri dalla maturazione di Wojciech Szczesny, dal ritrovato Dzeko (capocannoniere con 27 reti), ma avrebbe avuto bisogno di una schermatura nei confronti della stampa. Troppe sue dichiarazioni hanno provocato più danni che benefici. A cominciare dal suo rinnovo: «Resto solo se vinciamo qualcosa….», « non devo gestire la storia di Totti, devo gestire il giocatore Totti».
I tifosi amano Totti e lo identificano con la maglia. Totti è il calcio, sicuramente merita una vetrina per la sua fine carriera. Totti non è stato mai un problema per la Roma (semmai il contrario) e non vuole esserlo ora, e merita rispetto. Tutti vorrebbero godere ancora delle sue giocate e dei suoi occhi felici dopo un gol. È anche chiaro che un uomo di 40 e passa anni non può più correre per 90 minuti con dei ragazzini di 22-23 anni, ma la fine della carriera di Totti deve essere il trionfo dello sport. Non bisogna nasconderlo in panchina, la sua uscita deve essere una festa e non un funerale.
Una dura polemica è esplosa anche sulla maglia numero 10 di Totti. L’allenatore della Roma ha contestato la proposta di “ritirare” la maglietta numero 10 in segno di omaggio verso il campione giallorosso, dopo la sua uscita dai campi di calcio per l’età matura: «La maglia per me rimane viva, non muore. Secondo me togliere la maglia è mortificazione, prima di Totti ce l’aveva Giannini». Ha ricordato i ragazzi e i bambini per i quali è un mito, un traguardo e vogliono continuare ad indossare la maglietta numero 10: «Vogliamo togliergli questa soddisfazione? Il numero 10 di Totti deve continuare a vivere…Se non la vedo più, la cercherò nel cimitero per rivederla».