Se ne parla poco, anzi quasi per niente. Il “Tevere da bere” è dinamite. Eppure potrebbe accadere in tempi brevissimi: già questa estate i romani, in caso di siccità tipo quella del 2017, potrebbero “brindare” a casa con l’acqua del “biondo Tevere”. Anzi, non solo i romani ma tutti gli abitanti della vasta area di Roma Capitale.
Tutto è pronto. Il Campidoglio da tempo ha approvato il progetto e a maggio è arrivato anche il disco verde della regione Lazio. L’Acea (l’azienda a maggioranza di proprietà del Comune di Roma) è pronta a immettere nei rubinetti delle case 500 litri al secondo di acqua proveniente dal Tevere depurata dal potabilizzatore di Saxa Rubra.
E i pericolosi inquinanti scaricati nel fiume da attività agricole, industriali e civili di ben quattro regioni? Evidentemente, secondo l’Acea, non ci saranno problemi per la salute dopo il trattamento del potabilizzatore. Anzi al primo potabilizzatore da 500 litri al secondo, se ne potrebbe aggiungere anche un secondo da 2.500 litri al secondo.
Certo mette un particolare brivido pensare di bere un bel bicchiere di acqua del Tevere. Il fiume non è potabile a memoria umana, ogni tanto una moria di pesci fa emergere l’Sos letalità. Dall’inizio del 1900 nessun romano nuota più nel Tevere, solo gli audaci eredi di Mister Ok osano tuffarsi nelle torbide acque ogni Capodanno da Ponte Cavour.
Non entusiasma i romani l’idea di avere il “Tevere in tavola”. Sarà un caso ma né Virginia Raggi né Nicola Zingaretti hanno mai parlato del progetto “Tevere da bere”. Né la sindaca grillina di Roma né il governatore del Lazio (e segretario del Pd) hanno mai fatto cenno al potabilizzatore di Saxa Rubra, accogliendo o bocciando il progetto. Certo la siccità è sempre in agguato, i rubinetti rischiano di restare all’asciutto. Ma forse sarebbe più utile riparare gli acquedotti romani: le condutture colabrodo perdono circa il 40% della loro preziosa acqua potabile.