L’ex procuratore di Torino Giancarlo Caselli in un articolo pubblicato su Il Fatto quotidiano, ricorda che per quel che riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura, e le ipotesi di riforma dibattute in seguito alla vicenda Palamara, l’unica stella polare deve essere la fedeltà alla Costituzione. A un certo punto del suo ragionamento, annota:
«L’impareggiabile professionalità di Giovanni Falcone fu sacrificata dal CSM (1988) sull’altare della maggiore anzianità, a vantaggio di un candidato (Antonino Meli), che di processi di mafia non ne aveva visti mai. Ed era lo stesso CSM che per la nomina dei dirigenti in terra di mafia si era dato la direttiva di valorizzare le attitudini specifiche. Direttiva applicata per la nomina di Borsellino a procuratore di Marsala, ma pochi mesi dopo aggirata con nonchalance per Falcone…».
Qui soccorre il «notiziario straordinario n.17 del 10 settembre 1986»; risulta che votano a favore di Borsellino diciassette componenti del CSM: Agnoli, Brutti, Cariti, Caselli, Di Persia, Ferri, Geraci, Gomez d’Ayala, Maddalena, Morozzo della Rocca, Pennacchini, Pratis, Racheli, Smuraglia, Tamburrino, Tosi, Ziccone. Votano contro: Abbate, Buonajuto, Calogero, Contri, D’Ambrosio, Lapenta, Lombardi, Marconi, Papa, Suraci, Tatozzi. Si astengono Borrè, Letizia, Mirabelli, Paciotti.
Borré, Caselli e Paciotti appartengono alla corrente di “Magistratura Democratica”, quella di sinistra. Caselli vota a favore di Borsellino. Borré e Paciotti non se la sentono, si astengono: prodromo di una spaccatura che si consumerà qualche tempo dopo.
Si arriva alla votazione Falcone-Meli; quella citata da Caselli. In ballo c’è l’Ufficio Istruzione di Palermo, lasciato libero da Antonino Caponnetto, che torna nella sua Firenze. A favore di Meli (e dunque, contro Falcone) votano: Agnoli, Borrè, Buonajuto, Cariti, Di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo della Rocca, Paciotti, Suraci, e Tatozzi. Contro Meli (e conseguentemente a favore di Falcone) votano: Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Ambrosio, Gomez d’Ayala, Racheli, Smuraglia, Ziccone. Si astengono: Lombardi, Mirabelli, Papa, Pennacchini, Sgroi.
Come si vede, un bel rimescolamento di carte, e sarebbe interessante spiegare perché alcuni contrari alla nomina di Borsellino che era meno “anziano” del suo diretto concorrente (ma indiscutibilmente era più esperto di cose di mafia; e in un distretto come quello di Marsala, era la “qualità” richiesta), sono poi favorevoli a Falcone; e vice-versa: perché chi non aveva tenuto conto del criterio dell’anzianità nel primo caso, lo ritiene valido e imprescindibile nel secondo.
Curiosa in particolare, l’evoluzione dei due componenti di “Magistratura Democratica”: si astengono nel caso di Borsellino; votano contro, quando si tratta di Falcone. Caselli è coerente: in entrambi i casi vota per il candidato con maggiore esperienza anti-mafia. Ma sa spiegare perché i suoi due colleghi di “corrente” prima non si pronunciano su Borsellino; poi pollice verso quando si tratta di Falcone? Ragioni meschine di “bottega” (pardon: di “corrente”)? Oppure? Che tipo di dibattito si è svolto al loro interno, come hanno motivato la posizione assunta, Borré e Paciotti, al di là degli interventi in plenum?
Per inciso: la parte politica a cui i tre fanno riferimento, non sembra dolersi particolarmente della posizione assunta da Borré e Paciotti. Quest’ultima, finito il mandato al CSM viene candidata dal PCI al Parlamento Europeo, ed eletta. Il 12 marzo 1992 l’Unità (ancora organo ufficiale del PCI diventato PDS), pubblica un lungo articolo: «Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché. Mentre tace Cossiga, Martelli continua instancabile nel tentativo di svuotare il CSM. Il principale collaboratore del ministro non dà più garanzie di indipendenza». L’autore dell’articolo: Alessandro Pizzorusso, componente “laico” del CSM, designato dal PDS…
Così, tanto per sapere; tanto per ricordare…