Con la scusa del Coronavirus si possono fare molte cose. Finte ricerche sulla pandemia, pagate con i fondi per l’emergenza. Inutili straordinari in centinaia di ospedali trasformati in centri Covid e – allo stato attuale – semivuoti. Migliaia di ore di “lavoro” da casa per migliaia di dipendenti pubblici senza controllo. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Per non parlare degli appalti, dati in fretta e furia per far fronte a un’emergenza che, a volte, è tutta da dimostrare.
Accade in tutto il mondo, certo. Ma la situazione è peggiore dove la moralità pubblica è più bassa. E l’Italia, vista la mentalità, la cultura e le abitudini dei nostri concittadini è particolarmente esposta a certi abusi.
C’è qualcuno che controlla? No. C’è qualche giornalista che va in giro per scoprire che cosa sta succedendo? Ovviamente no. E, comunque, anche se ci fosse, troverebbe poco spazio, in un sistema mediatico che si occupa solo delle informazioni ufficiali e si adatta a fare da cassa di risonanza alla propaganda politica. A cominciare da quella governativa.
Intanto la situazione economica peggiora di giorno in giorno e lo stato dei servizi pure. Chi ha bisogno di un documento da un ufficio pubblico deve fissare un appuntamento per telefono. Ma nella maggior parte dei casi, la telefonata rimane senza risposta. A me è capitato con la polizia municipale di Roma. Quasi due ore di tentativi dalle 8 e mezzo del mattino. A raffica. Finché, quando stavo per mollare, ecco una voce umana. Alla domanda se è normale che un cittadino debba aspettare quasi due ore prima di ottenere una risposta al telefono, la “giustificazione” è stata: «Siamo sotto organico e, comunque, adesso siamo in pochi… ci sono colleghi in malattia e ci sono colleghi in ferie…». Già, le ferie estive, diritto sacrosanto per ogni lavoratore, difeso a spada tratta dai rappresentanti sindacali del pubblico impiego. Anche dopo settimane di telelavoro senza controllo. Con la scusa del Covid. Naturalmente.