Polvere di Cinquestelle

Ammainate una dopo l’altra le bandiere che a marzo del 2018 gli fecero portare in Parlamento 227 deputati e 112 senatori, il Movimento Cinquestelle ha cambiato pelle. Si tratterà anche di una “evoluzione”, come sostiene il fondatore Beppe Grillo, sarà anche nella logica delle cose che adesso bisogna consolidare l’alleanza di centrosinistra, sarà pure inevitabile andare con il Pd pure alle amministrative, perché è arrivato il momento di presentarsi al Paese come forza di governo. Sta di fatto che il M5S, piaccia o no, ha perduto l’anima.

Movimento Cinquestelle, Beppe Grillo

Beppe Grillo

La maggioranza di quegli elettori che appena due anni e mezzo fa gli attribuirono il 32 per cento dei voti lo ha già abbandonato. Come hanno dimostrato tutte le elezioni succedutesi da 4 marzo 2018 ad oggi. Una batosta dopo l’altra, a cui i vertici hanno risposto rispolverando la vecchia identità anti-sistema per poi innestare puntualmente la retromarcia.

Adesso il rischio è quello di finire nell’irrilevanza. Nulla di nuovo. È già successo, negli ultimi anni, un po’ a tutte le formazioni politiche personali, cresciute senza progetto e senza una vera e propria base sociale. Movimenti mediatici, figli della morte dei partiti della Prima Repubblica, nati e morti nel giro di pochi anni insieme ai loro leader.

Chi si ricorda più di Mario Monti, diventato presidente del Consiglio con la più alta maggioranza parlamentare mai registrata nella storia della Repubblica e che solo 9 anni fa veniva considerato il salvatore della Patria? E Matteo Renzi? Adesso guida un partitino che i tutti sondaggi inchiodano impietosamente a cavallo del tre per cento. Ma solo sei anni fa stravinceva le elezioni europee portando il Pd a uno storico 41 per cento.

Movimento Cinquestelle, Matteo Renzi

Matteo Renzi

Ora tocca a Grillo e ai Cinquestelle, che, di retromarcia in retromarcia, si stanno rimangiando tutte quelle promesse elettorali che ne hanno fatto la maggiore forza politica del Parlamento italiano. Dalla vittoria del 2018 ad oggi l’andamento del M5S è stato a dir poco ondivago. Dopo le prime sconfitte, seguite al trionfo delle politiche, ha cercato di resistere mettendo in campo una politica di “lotta e di governo”. Con una serie infinita di “no” presto archiviati. È successo con la Tav, con i migranti, con la regola dei due mandati elettorali. Fino all’ultima giravolta: l’evoluzione in versione governativa e l’asse con il Pd, ma anche la deroga per il terzo mandato della sindaca Raggi.

A questo punto il rischio di Cinquestelle è quello di finire in polvere, una formazione mediatica senza identità e – soprattutto – senza base sociale di riferimento. La prova del nove si avvicina. Le prossime amministrative di settembre incombono.

 

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