Tonfo Regionali, M5S
rischia la scomparsa

Una mazzata. Il governo giallo-rosso esce a pezzi dalle elezioni regionali. Va male per il centro-sinistra guidato dal Pd, è un disastro per il Movimento 5 stelle. Il centro-destra raccoglie l’ennesimo successo, ma non sfonda. Il voto in sette regioni è solo un mezzo avviso di sfratto per Giuseppe Conte da Palazzo Chigi: il presidente del Consiglio vede sbriciolarsi i cinquestelle, la forza di maggioranza relativa in Parlamento.

Regionali, Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

I democratici l’hanno spuntata in Campania, in Puglia e nella “rossa” Toscana nella quale l’incertezza era forte. Invece hanno ceduto il controllo delle Marche al centro-destra. I cinquestelle hanno perso sia in alleanza con il Pd (Liguria) sia gareggiando da soli (nelle altre sei regioni). Non hanno ottenuto nessun presidente di regione e hanno perso un mare di voti rispetto al boom ottenuto nelle elezioni politiche del 2018: in quasi tutte le regioni sono sprofondati sotto il 10%. A urne chiuse ieri, lunedì 21 settembre, è giunta anche una “botta” giudiziaria: la sindaca di Torino Chiara Appendino è stata condannata a sei mesi per falso in atto pubblico.

L’unico elemento di conforto è l’esito del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: il sì ha vinto. La riduzione di deputati e senatori è passata con quasi il 70% dei voti ma con un altissimo tasso di assenteismo (quasi la metà dei votanti).

Gli elettori hanno votato per come sono state amministrate le loro regioni. Chi ha governato bene è stato premiato. Non a caso il compassato leghista Luca Zaia, l’incandescente democratico Vincenzo De Luca e il decisionista ex forzista Giovanni Toti sono stati confermati in modo plebiscitario governatori: il primo del Veneto, il secondo della Campania, il terzo della Liguria.

Regionali, Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Tuttavia gli elettori di fatto hanno votato anche guardando all’esecutivo Conte due, sul quale il giudizio non è lusinghiero. Ha perso terreno il Pd mentre è crollato il M5S. Gli elettori e i militanti dei due partiti, ma soprattutto i grillini, mal sopportano la strana alleanza nel governo giallo-rosso dopo anni di violenti e reciproci attacchi.

L’improvvisa intesa di governo tra Zingaretti e Di Maio dopo il naufragio del ministero grillo-leghista non è stata preparata sul piano culturale e non è stata capita. L’obiettivo della lotta «alla destra» non basta per l’intesa mentre si è visto ben poco del declamato «nuovo modello di sviluppo». I continui scontri su molteplici fronti (legge elettorale, economia, giustizia, migranti) hanno indebolito il ministero democratici-cinquestelle. L’esecutivo guidato da Conte è andato bene solo in due battaglie: 1) l’accordo con Bruxelles per gli aiuti dopo la tragedia del Coronavirus (sono arrivati dopo l’abbandono da parte del M5S delle posizioni euroscettiche e sovraniste); 2) il contenimento in Italia del Covid-19 (in altri paesi europei sta causando nuove terribili devastazioni).

Regionali, Luigi Di Maio vota

Luigi Di Maio vota

Luigi di Maio esulta per la vittoria al referendum: «È un risultato storico». Ma oltre ai grillini anche gli altri partiti hanno invitato a votare sì: Lega, Fratelli d’Italia e lo stesso Pd. La disfatta nelle regionali? Il ministro degli Esteri sembra prendersela con il reggente Crimi: «Non ho mai fatto mistero di aver sempre detto che andassero organizzate diversamente». Nicola Zingaretti invece tira un sospiro di sollievo sulle regionali: «Siamo molto soddisfatti…Il Pd è il primo partito italiano». Infatti dopo una contrastata sfida ha vinto bene Eugenio Giani in Toscana e Michele Emiliano in Puglia

La coabitazione di governo è difficile. Zingaretti è stato attaccato all’interno del Partito democratico per la subalternità ai pentastellati e qualcuno ha chiesto perfino un nuovo segretario. Di Maio a gennaio è stato costretto alle dimissioni da capo politico per le tante sconfitte elettorali. Le elezioni regionali suonano la campana per il disfacimento del M5S e per l’arretramento del Pd. O cambiano in fretta o sono guai. E sono guai soprattutto per i pentastellati. Sia i democratici sia i grillini parlano di riforme. Già, ma quali e, soprattutto, come?