Ansia, depressione, angoscia, rabbia, solitudine. Sono gli ingredienti di un altro insidiosissimo effetto collaterale del Coronavirus: “La pandemic fatigue”, le cui caratteristiche sono state rese note dall’Oms, che ha rilevato allarmanti «segni di stanchezza e stress nelle popolazioni derivanti dal perdurare della pandemia di Covid-19».
Il documento Pandemic fatigue. Reinvigorating the public to prevent Covid-19 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – Europa (Who-Europe), commissionato dagli Stati membri dell’Unione Europea, fornisce «un quadro di riferimento per la pianificazione e realizzazione di progetti nazionali e locali, suggerendo alcune strategie per mantenere e rinnovare il sostegno del pubblico alle norme di sicurezza anti-Covid-19».
Perché è questo il punto, l’angoscia che deriva da una pandemia che dura così a lungo può indurre gli elementi più fragili e meno consapevoli della popolazione a negare il problema: il virus non c’è, è tutta una montatura, ne sono prova le contraddizioni tra gli scienziati, le loro letture a volte contraddittorie, le liti tra i rappresentanti delle istituzioni sulle misure da prendere per contrastarlo.
Non ci si riferisce nel documento solo a quelle forze che nella società cavalcano l’onda del negazionismo a fini politici, ma a quei cittadini colti da stanchezza che o si barricano in casa o, scoraggiati, tendono a proteggersi meno, travolti da un sentimento di impotenza che si traduce nel pensiero: vada come deve andare. La cosiddetta “pandemic fatigue” si traduce infatti in una crescente «demotivazione delle persone nel mettere in atto i comportamenti protettivi raccomandati per la tutela della salute dei singoli e delle comunità», e colpisce non solo coloro che sono oggettivamente danneggiati dalle restrizioni che provocano disastri economici, ma anche tutti quelli che, negando l’esistenza del problema, lo rimuovono, illudendosi così di ridurre lo stress e trovare un inconscio conforto psicologico.
Ma proprio ora che il numero dei morti continua tragicamente a crescere non è consentito allentare il controllo. Il documento dell’Oms indica quattro strategie che gli stati europei dovrebbero mettere in atto per contrastare il pericoloso fenomeno: conoscere e comprendere le persone; coinvolgerle rendendole parte della soluzione; permettere loro di vivere le proprie vite, riducendo però i rischi; riconoscere ed affrontare le esperienze del loro disagio.
Accanto alle strategie suggerite dall’Oms anche alcuni principi trasversali tra cui: la trasparenza, da perseguire con messaggi facili e chiari; l’equità, basando le decisioni su criteri oggettivi e non legati a interessi di gruppi; la coerenza delle decisioni rispetto al rischio epidemiologico reale; il coordinamento con le parti interessate per creare fiducia; la prevedibilità, sforzandosi di adottare criteri prevedibili contro una pandemia decisamente imprevedibile.
Tra le azioni concrete che il documento suggerisce di mettere in pratica c’è anche quella di «programmare soluzioni sicure per celebrazioni di rilievo nazionale».
Alla luce di queste considerazioni verrebbe da dire quindi che non è “lunare” ora pensare al Natale. E non è irrispettoso nei confronti di chi sta male, ma al contrario dovrebbe essere un sostegno morale collettivo per chi soffre, per chi è in lutto, per chi combatte contro il male. Dovrebbe essere un impegno concreto per chi perde il lavoro, uno slancio di solidarietà per le fasce più colpite economicamente a causa delle restrizioni. Il Natale è la festa della nostra società, anche per chi non crede. Sono le nostre radici culturali che riaffiorano e rivendicano attenzione.
Un Natale “sobrio” certamente, da celebrare senza sfarzi (ma quali sfarzi? Con la crisi economica che attanaglia gran parte delle famiglie italiane), con le mascherine ovviamente, comprando doni ai bambini e ai nostri vecchi che non possiamo abbracciare, magari nei negozi di quartiere snobbando l’e-commerce (anche così possiamo dare una mano a risollevare la nostra economia). A proposito, i nostri cugini francesi hanno già deciso di farlo, c’è un appello della sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, che invita i cittadini a fare acquisti in città, senza accalcarsi, ovviamente, rispettando tutte le regole, per scambiarci dei regali che mai come in quest’anno tristissimo ci siamo meritati.