Migliaia di persone, forse milioni, hanno pianto per la morte di Diego Maradona. C’è chi si è inginocchiato davanti alla sua fotografia, quasi come davanti a una immagine di Gesù Cristo.
È avvenuto non solo in Argentina (la patria) e a Napoli (dove giocò il fuoriclasse del calcio), le realtà geografiche marginali riscattate dalle sue vittorie e dai suoi strepitosi gol. Quando Maradona è morto, malandato, a soli 60 anni, il dolore è dilagato in mezzo mondo. In particolare tra i poveri.
È scoppiata una singolare isteria di massa. Ci sono i lati bui di Maradona: la cocaina, l’alcol. Ogni persona ha pregi e difetti. Era un genio del calcio, partiva da metà campo, dribblava tutti gli avversari compreso il portiere e segnava. I suoi tiri erano saette che bucavano ogni porta. Un mito. Da giovane era già nei musei.
Da ricco e famoso non aveva dimenticato proletari e sottoproletari. Nel 1984, appena giunto in Italia, annunciò: «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires». Aiutò chi aveva bisogno. Nel gennaio 1985, contro il parere del presidente del Napoli Corrado Ferlaino che temeva infortuni dei giocatori, organizzò una partita di beneficenza ad Acerra per finanziare una operazione in Francia di un bambino povero della città. Con l’incasso di 20 milioni di lire il bambino fu operato con successo.
Il mito di Maradona ricorda un po’ quello di Diana Spencer, l’ex moglie del principe Carlo erede al trono del Regno Unito. Lady D. entrò in rotta di collisione con il marito e con la Corona, così lasciò tutto. Si dedicò alla beneficenza, ad aiutare i bambini poveri del mondo, alla lotta per l’ambiente. Morì a Parigi nel 1997 in un incidente stradale ad appena 36 anni. Il mondo cadde nello sconforto. Le folle di diseredati invasero le strade per piangere la «principessa del popolo». Fu un altro fenomeno di isteria di massa. Può accadere quando una politica mediocre non sa fornire risposte ai problemi degli emarginati.