Renzi e Giorgetti convergono su Draghi. Una cosa è «il debito buono» e un’altra «il debito cattivo». Le risorse del Fondo europeo per la ripresa (il cosiddetto Recovery Fund) non vanno «sprecate» ma usate in progetti a «un tasso di rendimento sociale», dall’istruzione all’economia verde, in grado di produrre sviluppo. Le parole di Mario Draghi pesano in Europa e in Italia.
Pesano a Bruxelles perché Giuseppe Conte, dopo aver combattuto una dura battaglia per avere i 209 miliardi dell’Unione europea nonostante un alto debito pubblico, ancora non ha presentato i progetti sui quali canalizzare gli investimenti. Mentre il presidente del Consiglio è impantanato in una difficile verifica di governo centrata anche su come utilizzare il Recovery Fund, gli altri paesi europei hanno già presentato i piani sui quali chiedere le risorse della Ue per la ricostruzione post Coronavirus. Così nelle cancellerie europee cresce l’insofferenza verso i ritardi del governo Conte due: spaventa «il debito cattivo» dell’Italia.
In Italia verso Conte invece delle insofferenze scattano roventi attacchi. Renzi ha sollecitato il presidente del Consiglio a «chiedere scusa» per i troppi errori. L’ex presidente del Consiglio in una lunga intervista al Corriere della Sera è tornato ad evocare la crisi: o Conte cambia tutto «se no, il governo va a casa». Il leader di Italia Viva parla appena di Draghi ma con un inciso rilevante: le parole di «Draghi sono giuste e importanti».
È un grande segnale di apprezzamento. In molti pensano all’ex presidente della Bce (Banca centrale europea) come a un possibile successore di Conte a Palazzo Chigi o di Mattarella al Quirinale. Giorgetti, in pressing su Salvini per imprimere una svolta moderata alla Lega, pensa da tempo a Draghi come presidente del Consiglio di un governo di larghe intese. Il vice segretario della Lega al Corriere della Sera ha confermato: Draghi? «Sarebbe quello che ci vuole, per fare cose che un governo raccogliticcio come quello attuale, tutto e solo preso dal consenso, non potrebbe mai fare». Renzi e Giorgetti convergono su Draghi.
Perfino nel M5S è corteggiato Draghi. Il ministro cinquestelle degli Esteri Di Maio lo scorso giugno, in via riservata, si è incontrato con l’ex presidente della Bce, un tempo visto come un nemico implacabile perché rappresentante della élite e della tecnocrazia europea (era la stessa visione di Salvini). Il colloquio è stato definito «positivo e proficuo» da fonti della Farnesina.
La situazione è in movimento. La verifica di governo resta aperta. I burrascosi vertici e gli infuocati faccia a faccia di fine anno a Palazzo Chigi non hanno portato a un accordo. Renzi ha fatto slittare a gennaio la resa dei conti, a dopo l’approvazione della legge di Bilancio 2021. Sia Renzi sia Di Maio, con i consensi in picchiata, non hanno però alcun interesse alle elezioni politiche anticipate.
L’ombra di Draghi da tempo si allunga su Palazzo Chigi. Conte tre mesi fa ha commentato: «Non lo vedo come un rivale, ma come un’eccellenza».