SuperMario alla prova
dei “cento giorni”

Come tutti i premier del mondo, adesso anche Mario Draghi è chiamato ad affrontare (e superare) la prova dei primi cento giorni di governo. Una regola, non scritta da nessuna parte, ma che, dal dopoguerra ad oggi, ha avuto poche eccezioni.

premier, Mario Draghi

Mario Draghi

Secondo questa regola, il futuro di un premier si decide nei primi cento giorni, dove i suoi interlocutori interni ed esterni imparano a conoscerlo e a pesarlo. Ma dopo – quando avranno capito come rapportarsi con il capo, fin dove potranno spingersi, che cosa potranno fare e che cosa no – i giochi risulteranno in gran parte fatti.

A ben guardare, anche i successi e gli insuccessi dei premier che l’Italia ha conosciuto dopo la decapitazione  dei partiti e la fine traumatica della Prima Repubblica  potevano essere previsti osservando con attenzione i loro primi cento giorni. Da Monti a Letta, da Renzi a Gentiloni, fino a Conte, è sempre stato così.

Adesso tocca a Draghi. Ma, nonostante la sua fama e la credibilità internazionale di cui gode, non è detto che riesca a superare la prova dei cento giorni. Perché sarà costretto a muoversi tra le macerie di un sistema politico uscito da un terremoto e dovrà fare i conti con una maggioranza parlamentare variegata, sfilacciata e rissosa. Per il momento SuperMario ha giocato con la sola carta che ha in mano, quella dell’autorevolezza conquistata negli otto anni da governatore della Bce.

premier, Giuramento del governo Draghi al Quirinale

Giuramento del governo Draghi al Quirinale

Ha imposto un primo cerchio di ministri tecnici di sua stretta fiducia, che dovranno mettere mano al Recovery plan, alla digitalizzazione del Paese, alla transizione ambientale e alle riforme del fisco e della Giustizia senza le quali i fondi dell’Ue sarebbero a rischio. E questa è la vera “mission” che gli è stata affidata da Mattarella su pressione di Bruxelles. Ma i problemi sono tanti e la pandemia continua a non dare tregua.

Comunque sia, SuperMario si è subito mosso con abilità, confermando la sua capacità di negoziare con capi e capetti di un sistema politico balcanizzato e cercando di marcare subito la sua discontinuità con il passato incarnato dall’avvocato del popolo che lo aveva preceduto a Palazzo Chigi. Ecco quindi il ridimensionamento del controverso supercommissario all’emergenza Covid voluto da Conte. Archiviate le “primule”, i centri vaccinali immaginati da Arcuri, adesso le vaccinazioni si faranno ovunque sarà possibile, con l’aiuto dell’esercito e della Protezione civile. Poi c’è stata la nomina di Gabrielli al vertice dei Servizi segreti. Con la rinuncia a quella delega che Conte aveva sempre tenuto per sé e aveva contribuito alla crisi del governo giallorosso. Infine, la complicata nomina di 39 sottosegretari, che Draghi ha voluto chiudere a tutti i costi a poche ore dal suo primo vertice europeo come premier. Basterà?