E alla fine il premier “muto” parlò. Alla sua prima conferenza stampa da capo del governo, Mario Draghi ha affrontato i giornalisti. Lo ha fatto rispondendo tranquillamente a tutte le domande, anche a quelle più insidiose. Lo ha fatto confermando quel pragmatismo che tutti gli hanno sempre riconosciuto. E – soprattutto – lo ha fatto mostrando di non aver paura delle parole.
Le cartelle rottamate? «Sì è un condono». I partiti che lo sostengono? Chiaro che «ognuno è entrato in questa maggioranza con le sue bandiere…». Il decreto Sostegno? «Una risposta parziale, ma è il massimo che abbiamo potuto fare…». Le Regioni sui vaccini? «Vanno in ordine sparso» ed è chiaro che «così non si può andare avanti…». Il debito che cresce? «Questo è un anno in cui i soldi non si chiedono, ma si danno…».
È stata tutta così la prima conferenza stampa di Mario Draghi da presidente del Consiglio. Chiaro, tranquillizzante, a tratti ironico. Tanto che alla fine è stato “promosso” anche da quelli che gli avevano rimproverato il silenzio, il fatto che da quando era arrivato a Palazzo Chigi non aveva mai affrontato una conferenza stampa. Ma la vera sorpresa è stata la sorpresa di quei giornalisti che avevano polemizzato sul “muto” di Palazzo Chigi.
Una cosa ridicola. Come si poteva seriamente immaginare che non avesse il dono della parola un signore che (tra ministero del Tesoro, Bankitalia e Bce) ha trascorso una ventina di anni ai vertici istituzionali? Allora la verità è che dietro i fiumi di parole sul “mutismo” del premier voluto da Mattarella c’era altro. A leggere il sottotesto, era evidente il tentativo dei tanti orfani del governo Conte di dare l’immagine del tecnocrate che si era blindato a Palazzo Chigi. Senza rendere conto all’opinione pubblica del suo operato e degli interessi che era stato chiamato a rappresentare.