Caccia al ladro
con l’auto straniera

I carabinieri, i poliziotti e i finanzieri molte volte rincorrono ladri e malfattori con auto estere. Molte volte le alte autorità delle istituzioni pubbliche, in testa quelle della Camera e del Senato, usano auto estere come macchine di lavoro e di rappresentanza; quelle macchine di servizio, le cosiddette “auto blu”, un tempo simbolo degli sprechi della pubblica amministrazione bersaglio da parte del populismo cinquestelle e leghista.

Auto estere, Un'auto dei carabinieri

Un’auto dei carabinieri

Una volta, nella Prima Repubblica, non accadeva mai o quasi mai. Carabinieri, poliziotti, finanzieri alti funzionari dello Stato e degli enti locali usavano auto italiane: Fiat, Alfa Romeo, Lancia. Le motivazioni erano sostanzialmente due: 1) i soldi pubblici finanziavano il lavoro nelle fabbriche italiane; 2) le istituzioni statali, regionali, comunali in qualche modo mostravano la “bandiera”, quella dell’identità nazionale italiana. In sintesi: era tutelato l’”interesse nazionale”. Del resto è quanto avveniva e avviene tuttora negli altri paesi. In Francia, ad esempio, tutte le auto delle forze dell’ordine sono rigorosamente Renault, Peugeot, Citroen. Non solo. In genere i cittadini francesi e i tedeschi tendono ad acquistare auto dei rispettivi paesi un po’ perché le ritengono di qualità superiore e un po’ per rispetto dell’”interesse nazionale”.

Gli italiani, da sempre con scarso spirito di responsabilità verso la collettività, hanno visto calare lo spirito dell’”interesse nazionale”. Del resto in Italia gli esempi non sono dei migliori.

Auto estere, Un'auto della polizia

Un’auto della polizia

Da anni sono emigrate quasi tutte le poche grandi imprese salvatesi dalla bancarotta industriale. La ex Fiat Chrysler Automobiles spostò la sede legale ad Amsterdam, quella fiscale a Londra e delocalizzò i suoi più importanti interessi in America del Nord e del Sud. Adesso, dopo la “fusione paritaria” con il gruppo Peugeot che ha dato vita a Stellantis l’impostazione forse è anche peggiorata. Alle solenni dichiarazioni di principio dei vertici di Stellantis in favore degli impianti italiani non sono seguiti finora interventi conseguenti: gli investimenti nelle fabbriche della Penisola sono ridotti al lumicino, i nuovi modelli di auto sono in grande ritardo e la cassa integrazione fiorisce dappertutto.

Mario Draghi ha invitato gli italiani all’unità, alla responsabilità, alla fiducia nel futuro per battere il Coronavirus e per ricostruire l’economia italiana devastata. Il presidente del Consiglio ha alzato la bandiera dell’”interesse nazionale” in più occasioni. Tra l’altro il governo Draghi ha invitato Stellantis a rispettare gli impegni presi sugli investimenti in Italia. Ma, per ora, non ci sono state risposte.