In un saggio di Bill Gates del 1995 intitolato “The road ahead”, il fondatore della Microsoft prefigurava un futuro informatizzato che grazie alla “rete” avrebbe semplificato e accelerato non solo i processi all’interno delle aziende, ma cambiato in meglio il rapporto tra Stato e cittadino eliminando di fatto le barriere fisiche e spesso il rapporto interpersonale tra impiegato e utente. Tutto più veloce, efficiente, paperless… parolona per dire che non avremmo dovuto più avere carta intorno. Invece se non hai una stampante a casa e devi sbrigare un po’ di “pratiche”, sei perso.
È vero che puoi prenotare qualsiasi cosa (auto, albergo, ristorante, spettacolo) comodamente seduto a casa in qualsiasi località mondiale, ma provate a pagare online una multa capitolina e non sarà così facile. Innanzitutto se non siete stati fortunati con il postino, vi trovate nella buca delle lettere una notifica che il verbale non è alla posta, ma sarà disponibile qualche giorno dopo alla Casa Comunale (notare che il Comune di Roma è in possesso di tutti i miei dati, Pec compresa). Andateci e sarete accolti in uffici dove le carte partono dal pavimento per arrivare al soffitto. Ovviamente lì ritirate solo verbale e istruzioni per il pagamento. Lasciate perdere Cbill, PagoPa, non ha funzionato.
Bollettino alla mano, coda alla posta e quello sì che funziona (e tenetevi stretta la ricevuta cartacea, non si sa mai). Persino la prenotazione dei vaccini via web, per far fronte a un’emergenza nazionale, ha faticato non poco a funzionare. E anche lì, ricevuta da stampare e portare al centro vaccinale dove, con altri fogli compilati a mano con tutti i dati personali come se non fossero già nella tessera sanitaria che presenti, devi dare il consenso a somministrarti il vaccino che tu stesso hai richiesto.
Non passa giorno che sui giornali apprendiamo dalle lettere dei lettori le “avventure” in un Paese che è riuscito a fare in poco tempo un capolavoro: creare una burocrazia difensiva in modo tale che istituzioni ed enti preposti ad erogare servizi ai cittadini possano sempre accollare la colpa delle proprie inefficienze a terzi non sempre identificabili, ma senz’altro non a loro.
E questo avviene mettendo in atto procedure formalmente corrette e ineccepibili e nello stesso tempo de-responsabilizzanti. Il più delle volte prefigurando percorsi non diretti, ma contorti e pieni di richieste di dati ridondanti.
Quelli citati prima sono solo alcuni esempi, ma chiunque prova a cimentarsi con l’Inps, l’Aci, la Motorizzazione e la stessa Agenzia delle Entrate, Asl e amministrazioni comunali varie si trova di fronte a siti dove, nel migliore dei casi, l’usabilità è ancora un miraggio. Non a caso nel programma di Vittorio Colao, alla guida del ministero dedicato alla “Transizione digitale”, il superamento della burocrazia difensiva che mette al riparo i dipendenti pubblici dalle loro inefficienze, è tra i punti in programma e gode della stessa priorità riservata al cloud per la pubblica amministrazione e alla connettività a banda larga per tutti, in primis in scuole e ospedali.
Lo stesso Colao, recentemente rispondeva su Repubblica alla lettera di un cittadino indignato per non aver ancora ricevuto risposta a una istanza di cambio di residenza inviata via PEC. Il ministro Colao nella sua risposta fa notare alcune questioni fondamentali sui cosiddetti servizi online delle pubbliche amministrazioni che è utile riportare. I servizi online dovrebbero soddisfare i requisiti dell’art.41 del Codice di Amministrazione Digitale, uno dei cardini del codice stesso e dell’art. 35 del Dlgs 33 /2013 sulla Trasparenza. In parole povere l’istanza avrebbe dovuto essere disponibile tramite un form da compilare online con l’avvio di una procedura automatica di gestione della pratica tenendo traccia della stessa con l’invio di aggiornamenti sullo stato del procedimento in nome della trasparenza.
È ovvio che la Pec richiesta dall’amministrazione in questione non soddisfi tali requisiti, per cui tecnicamente non si prefigura come un servizio online, anche se molte amministrazioni lo spacciano per tale. Come mai? Nulla accade a caso e se proprio bisogna andare alla ricerca delle cause di questa vera e propria distorsione bisogna cercarla nel Fondo per l’Innovazione. La tempistica stringente di accesso al fondo ha spinto specie i piccoli enti, che non avevano mezzi e risorse per soluzioni tecnologiche idonee, a “improvvisarsi” digitali e ad adottare soluzioni spacciate per online, ma che in effetti non lo sono.
Ma c’è di più: persino i servizi online richiedono talvolta la stampa, la firma e il reinvio del modulo via email. Colao avrebbe provato sulla sua pelle questa esperienza che definisce “assurda” proprio relativamente a un cambio di residenza. Pur essendo loggato con SPID, quindi con la sua identità autenticata digitalmente, ha dovuto scaricare il modulo perché il cambio di residenza prevede il consenso firmato del nucleo familiare di appartenenza e il conseguente inoltro della documentazione (tra l’altro il modulo comprende numerose pagine per una richiesta molto semplice). Un vero cortocircuito normativo che produce effetti opposti a quelli attesi e che non tiene conto della modalità digitale con cui certi servizi devono, ma non possono, essere erogati. Tutto a dispetto anche del nome del “sevizio” online: “Cambio di residenza in tempo reale”…