Bugie afghane

La sola cosa certa, dopo venti anni di presenza militare occidentale in Afghanistan, è che ci hanno nascosto la verità sulla situazione di quel martoriato paese. Con la complicità dell’intero sistema mediatico, per 20 lunghi anni sono stati occultati errori ed orrori. Le conseguenze dei bombardamenti con i droni e le sofferenze provocate dall’occupazione Usa, mentre nulla veniva raccontato sullo stato d’animo della maggior parte della popolazione locale.

Pino Arlacchi, CorsivoLa fiction continua anche adesso. Dopo il precipitoso rimpatrio degli americani da Kabul e il ritorno dei talebani al potere. E così siamo di nuovo sopraffatti da filmati e immagini televisive che mostrano un paese controllato da fanatici armati mentre minacciano donne disperate in fuga con i loro bambini.

Ma non c’è bisogno di aver letto le analisi di un grande reporter come Kapuscinski per capire che la spettacolarizzazione mediatica di guerre e tragedie distorce la realtà, mettendone in rilievo solo una parte. Esattamente come ha sottolineato Pino Arlacchi, il 26 agosto scorso, in una breve intervista al ‘Corriere della sera’.

Professore di sociologia, ex europarlamentare, ma soprattutto ex direttore dell’Agenzia Onu contro la droga, Arlacchi è uno dei pochi occidentali ad aver negoziato direttamente con i talebani all’epoca del primo Emirato. Nel 2001 li convinse ad azzerare la coltivazione dell’oppio. Le sue sono quindi valutazioni basate su una conoscenza diretta. Primo: «I talebani non sono alieni». Secondo: «Dobbiamo ammettere che se dopo 20 anni ce li ritroviamo lì, vittoriosi, vuol dire che qualche consenso tra la popolazione ce l’hanno». Terzo: «Nel loro ufficio di rappresentanza a New York lavorava una talebana in jeans. Sanno adattarsi al bisogno. Sono nazionalisti, prima ancora che fanatici o terroristi…».

Conclusione: invece di continuare a inondare le nostre case di immagini raccapriccianti, è arrivato il momento di analizzare la realtà per quella che è e trattare con il nuovo potere afgano.