Tante promesse di moderazione, poi è arrivato l’Afghanistan “normalizzato” con la ricomparsa del burqa. Governo inclusivo, pacificazione nazionale, amnistia verso i soldati e i poliziotti del vecchio esecutivo dell’Afghanistan pro Occidente. E ancora: diritti civili e umani garantiti alle donne, alle minoranze, agli oppositori. Tutto però «nell’ambito della sacra religione dell’Islam», precisava il mullah Hibatullah Akhundzada.
Risultato: tutte le assicurazioni o si sono appannate o sono addirittura svanite. I talebani hanno usato bastoni e kalashnikov per imporre la Sharia, la legge islamica nell’interpretazione più radicale.
È difficile sapere cosa succede, ma qualcosa trapela grazie alla stampa. Subito dopo il 15 agosto, il giorno della caduta di Kabul e della ritirata delle truppe americane e dei paesi occidentali, è cambiato tutto. Ci sono state delle proteste popolari contro il giro di vite degli “studenti coranici” verso ogni tipo di libertà. Ai primi di settembre le donne e i giovani sono scesi in piazza in varie città rivendicando diritti umani, civili e di libertà. Ma la repressione ha normalizzato l’Afghanistan.
Non c’è stato il governo inclusivo con le opposizioni e le minoranze. I soldati dell’Emirato dell’Afghanistan sono penetrati nella valle del Panshir e hanno sconfitto le truppe del giovane Ahmad Massoud, il figlio del mitico Massoud Leone del Panshir. Il Fronte della resistenza nazionale afghana sembra che si sia ridotto a pochi combattenti asserragliati nelle valli e sulle montagne più inaccessibili del Panshir.
Il ministero per i Diritti delle donne è stato cancellato e sostituito dal ministero per la Promozione della virtù e la lotta contro il vizio. Alle donne è stato vietato di fare sport, di tornare al lavoro (non si sa per quanto tempo) negli uffici pubblici e nelle scuole dalle medie in poi. Basta donne con il capo scoperto. Per il gentil sesso vige la regola del velo e, preferibilmente, del burqa. Anzi, delle donne pro talebane hanno sfilato in un corteo in nero coperte integralmente dal burqa.
L’oscurantismo di Mohammad Osman Ghairat, il nuovo rettore dell’università di Kabul, ha lasciato attoniti professori e studenti: accesso vietato alle professoresse e alle studentesse. Ha sottolineato: «Finché un vero ambiente islamico non sarà garantito per tutti, alle donne non sarà permesso di venire all’università o di lavorarci. L’Islam viene per primo». A Repubblica due studentesse hanno raccontano di essere state respinte dai talebani all’ingresso dell’università. Contestano che questo sia l’Islam: «Non ci fanno studiare, è spaventoso».
Stanno per tornare la pena di morte per i reati più gravi, il taglio delle mani per i ladri, la lapidazione per le adultere. Il mullah Nooruddin Turabi ha commentato: «Le amputazioni punitive sono necessarie per garantire la nostra sicurezza interna». È bandito tutto ciò che sa di costumi e di stili di vita dell’Occidente: dagli abiti alla musica (alle volte può anche costare la vita ascoltare un brano o cantare).
Il rasoio per gli uomini sta diventando un pericolo da schivare. Nella provincia di Helmand è scattato il divieto per gli uomini di tagliare la barba. La sezione regionale del ministero per la Promozione della virtù e la lotta contro il vizio ha annunciato sanzioni per i trasgressori: «Chiunque viola le nuove regole verrà punito e non avrà il diritto di protestare». Il divieto del viso rasato potrebbe estendersi a tutto l’Emirato dell’Afghanistan. A Kabul c’è chi teme il ritorno delle “frustate in pubblico” per chi si rade la
barba. Afghanistan “normalizzato”.
La linea dura e non quella moderata promessa dall’Emirato dopo la conquista del potere, ha sicuramento un connotato ideologico, ma forse rispecchia anche una esigenza politica: tenere botta ai terroristi dell’Isis che considerano i talebani addirittura dei “traditori” dei valori musulmani. Il pugno di ferro degli “studenti coranici” è ciò che temevano gli oltre 100.000 afghani fuggiti grazie al gigantesco ponte aereo degli Stati Uniti e dei paesi Nato. Ma sembra che altri 100.000 afghani (c’è pure chi avanza la cifra di 300.000) vorrebbero lasciare la loro patria ormai senza più libertà.