Molto più di un ballottaggio. Quello del 17-18 ottobre tra Michetti e Gualtieri non sarà solo la partita in cui si deciderà il successore della Raggi in Campidoglio. Il secondo turno delle comunali romane diventerà un grande sondaggio politico nazionale. L’occasione per valutare i nuovi rapporti di forza tra i partiti emersi dal voto amministrativo.
Tanto per cominciare, il futuro di Giorgia Meloni come leader del centrodestra dipenderà in buona parte dal risultato di Michetti, che secondo tutti i sondaggi è dato perdente. Ma a questo punto resta da vedere quanti voti il centrodestra riuscirà a recuperare nelle periferie che al primo turno hanno disertato le urne. Non è un caso se le prime parole della Meloni sono state sull’assenteismo al 50 per cento «crisi della democrazia».
Partita chiusa, quella romana, per Salvini. Nella capitale è andato malissimo, ma adesso deve cercare di salvare la leadership del partito evitando di perdere ai ballottaggi. E così si aggrappa a Draghi, che dopo lo strappo sulle tasse, lo ha ricevuto e gli ha consentito per il momento di restare in piedi.
C’è poi la complicata partita dentro Cinquestelle. Con la Raggi che considera patrimonio suo il venti per cento preso al primo turno e Conte che la scarica aprendo a Gualtieri «persona di valore». Una dichiarazione che segnala la rassegnazione del neoleader pentastellato al ruolo di ruota di scorta del Pd. Probabilmente una scelta obbligata, perché visti i risultati del 3 e 4 ottobre, il Movimento da solo conterebbe molto poco.
Infine il Pd, con Letta che vuole rifare l’Ulivo e Gualtieri che intanto cerca di incassare i voti di Calenda. Già, perché non si fida della Raggi e quindi ha deciso di accettare la condizione posta dal leader di Azione: escludere qualsiasi alleanza con i Cinquestelle e tenerli fuori dal Campidoglio.